lunedì 14 luglio 2025

[Parliamo di cose SerieTV] Paradise (2025) su DisneyPlus

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Da poco meno di un anno avevo smesso di fruire della piattaforma DisneyPlus o, in seguito, D+: questo perchè, assieme ad una progressiva deriva dei prodotti targati Marvel Cinematic Universe (Chang-Chi e She Hulk - Santo Cielo!- ma anche MoonKnight e Ms. Marvel), sono mutate le condizioni di utilizzo ed era diventato impossibile condividere l'abbonamento con gli amici.
Alchè ho detto momentaneamente arrivederci al mondo dell'entertaiment di Mamma Disney che tutti oggi amano odiare ed odiano amare, dato ciò che mi attirava maggiormente erano, oltre ai prodotti dell'MCU, anche i franchise storici come Alien e Star Wars ma senza i quali, giudicavo, potevo riuscire tranquillamente a vivere senza.
L'unica, reale, forma di malinconia l'ho vissuta per non aver proseguito una serie particolarmente piacevole quale era Only Murder In the Buildings, per quanto non mi riuscirò mai ad abituare alla voce che hanno assegnato in Italia a Steve Martin (il buon Mario Cordova) dato che quando apre la bocca quell'attore lo sento sempre con la voce assegnata all'Ispettore Clouseau (Marco Mete).



Chiusa questa parentesi, una quindicina di giorni fa ho sentito il richiamo di D+ e dato che per i bambini, specie d'estate, le distrazioni non sono mai troppe, ho deciso di rinnovare l'abbonamento, anche nella speranza di recuperare un po' di prodotti sui quali mi sentivo terribilmente indietro.
E' stato quindi per caso che, la sera stessa, mi sono imbattuto in questo prodotto che veniva presentato nella vetrina. 


Paradise.
Conoscendo gli attori coinvolti, ossia James Mardsen (il Ciclope degli X-Men nonchè apparso in Westworld ed il coprotagonista nella trilogia di Sonic), oltre a Sterling K.Brown che il creatore, Dan Fogelman, si è portato dietro dal suo This Is Us, ho deciso di dare una chance a questa serie, per quanto i prodotti distribuiti da Star, pur rivolgendosi sempre ad un pubblico un po' più adulto della media per scene, tematiche e un filo di violenza visiva maggiore, non hanno sempre il pregio della continuità. 
Big Sky insegna.
"Ma qui c'è Dan Fogelman, e ci sono pezzi musicali davvero notevoli ed arrangiamenti ancora più belli e dei bravi attori" , mi dicevo, "cosa può mai andare storto?".


Le ultime parole famose.


Ed, indovina un po', qualcosa è purtroppo andata storta, ma non nel senso che si potrebbe pensare, ma ne parliamo, anzi ne scrivo, dopo.
A scanso di equivoci, la serie è davvero bella, non posso dir nulla nè a proposito della scrittura, quasi sempre pregevole, ne' circa la recitazione degli attori o le scenografie: peccato che, un po' come per la già citata serie Big Sky, ci sia sempre qualcosa che manchi proprio alla fine: è come se ad un certo punto si perdesse la direzione di ciò che si vuole narrare, o non si sapesse bene di cosa parlare o come concludere il tutto: immaginate una maratona di chilometri, con il corridore che a cinque metri dal traguardo inciampa e si fa male. Magari vince comunque, trascinandosi dolorante ed imprecando, ma questo incidente sporca un po' il risultato.
Ecco, pur con meno rilevanza, perchè ci sarà sicuramente chi non potrà che apprezzare l'intera sequela di episodi, lo stesso discorso si può fare per il pregevolissimo Paradise: serie di otto episodi che riescono a concludersi sempre con un bell cliffhanger, un colpo di scena improvviso che pur non essendo sconvolgente riesce, per la pregevolezza della scrittura, a risultare di grande impatto emotivo, musicale e visivo, e che mi ha fatto un po' mugugnare sul finale del settimo episodio e farmi proprio sollevare le sopracciglia per tutta la durata dell'ottavo ed ultimo.

Difatti,  leggendo in rete ciò che altri siti e colleghi pensano della serie, ammetto di essere un po' spiazzato: per quanto condivida al 100% l'opinione generalmente positiva su questo prodotto, nessuno rileva un dato estremamente evidente: la fretta di concludere la prima stagione e l'idea di una certa approssimazione circa l'elemento risolutivo oltre ad un paio di idee buttate li e che mi sono valse un "sevabbè". 
Andiamo con ordine.

Il titolo, Paradise, si riferisce ad una comunità che, pur apparentemente idilliaca e perfetta, ovviamente non lo è, cosa che viene chiarito già dopo dieci, quindici minuti del primo episodio: inoltre, funge da pretesto per inserire un arrangiamento davvero piacevolissimo del celebre successo di Phil Collins, Another Day in Paradise, in questo caso trasformato in una sorta di versione medley dal gruppo Joyner che riporto qui.




Ora, che Sterling K. Brown e Fogelman siano garanzia di successo, è noto: 4 Emmy ed un Golden Globe non sono decisamente pochi, anzi: il problema è che Paradise è dimostrazione del fatto che, alle volte, non è sufficiente avere una ottima squadra se fai girare la palla splendidamente per 88 minuti ma non la metti mai dentro. E, a ben pensarci, è come sto facendo io con questa recensione, in cui non arrivo mai al punto, ma a mia discolpa è per l'assoluta voglia di evitare gli spoiler.
Proviamo in questo modo.

Di che cosa parla Paradise, da molti definita LA SERIE evento di quest'anno?

Premettendo che a mio modestissimo giudizio una serie evento può e deve essere ancora migliore, abbinando alla pregevole scrittura (qui presente) anche una certa spettacolarizzazione (qui assente), in  cui tematiche avvincenti (qui presenti) vengono sviluppate in modo nuovo ed innovativo (qui assente), Paradise si regge sulla ottima interpretazione offerta dagli attori, che a sua volta si regge su dialoghi credibili, realistici ed una splendida narrativa, che sa mantenere un buon livello di tensione senza però sfociare nel thriller o nel jumpscare, chiudendo, tra l'altro, ogni singolo episodio con un bel colpo di scena, che funziona perch giunge inatteso ma in modo credibile, realistico e ricercato senza però essere manieristico e non dando mai l'impressione di seguire, appunto, una serie tv, ma un bel romanzo in cui ogni macrocapitolo si sa chiudere in modo perfetto.

James Mardsen è il Presidente degli Stati Uniti Bradford


In questa comunità che, ben presto, si comprende essere abbastanza chiusa, ma con equilibri e ritmi di vita tutto sommato tranquilli e idilliaci, si verifica un improbabile omicidio: improbabile non solo per la vittima, ma anche per il fatto che in un posto simile, così piccolo e ben strutturato, nessuno l'avrebbe mai commesso.
Da queste premesse, che all'inizio possono sembrare essere il fulcro della trama, ma ne sono solo il motore, si muove la vera e propria storia, in cui lo spettatore cerca di muoversi tra una rete di bugie ed in cui poco o nulla è come appare.
Sterling K. Brown è l'agente Xavier Collins - onestamente non so se sia un omaggio a Phil Collins - un uomo irreprensibile quanto umano, realistico e fallibile, ma complessivamente sempre all'altezza della situazione, il quale si fa carico di crescere i suoi due figli dopo la morte della moglie fino a quando, appunto, la morte della vittima non lo costringe a passare al setaccio tutti i dettagli della comunità in cui vive.
Oltre a lui si muovono come coprotagonisti una inquietantissima Julianne Nicholson  ed una parecchio bella e brava Sarah Shahi, insieme ad un Billy Pace in gran spolvero. 
James Mardsen è il Presidente degli Stati Uniti Cal Bradford, e debbo dire che il ruolo che ricopre lo svolge assai bene, risultando anch'egli particolarmente in parte.





I personaggi si confrontano immergendosi tanto nella realtà quanto nel passato, grazie a numerosi e ben calibrati flashback che mostrano le circostanze che hanno portato al formarsi della piccola comunità in cui vivono, sempre dando spazio all'approfondimento umano e psicologico ed alle storie di ciascuno: le vibes alla Lost sono presenti, per quanto non sia abbia nè il tempo (in soli otto episodi) di andare così a fondo, nè si può godere di una scrittura degna di Lindelof, nè forse si aveva la pretesa di rendere così immersiva l'esperienza nel prodotto, ma va detto che il tentativo di replicare qualcosa di così interessante è senz'altro pregevole e si nota, e basta a differenziarlo da tanti altre serie televisive.

Le indagini sulla vittima portano ciascun personaggio principale a prendersi del tempo per vagliare il proprio ruolo negli accadimenti e ripercorrere gli ultimi momenti passati assieme ad essa, in modo da permettere di filtrare ciò che è successo e, forse, sublimare i propri sensi di colpa o le ragioni dell'avvicinamento o dell'allontanamento dalla vittima.
Al di là della cospirazione, che non rappresenta nulla di originale o di mai visto, dato che chi sembra cattivo è in realtà - sorpresa!-  veramente cattivo, ci sono due o tre personaggi, che riservano delle reali sorprese ed i già citati, calibrati colpi di scena alla fine di ogni episodio, che funzionano alla perfezione.
Personaggi ok, sceneggiatura ok, intreccio ok, musiche ok, scenografie ok e colpi di scena ok.

Dove sta, dunque, il problema?

Il problema risiede nel fatto che il "colpo di scena" del settimo e penultimo episodio è, per quanto prevedibile, particolarmente improbabile, mentre nell'ottavo ed ultimo episodio, la scoperta della persona che ha ucciso la vittima principale non offre il benchè minimo pathos perchè, rispetto alla narrazione, al modo di presentare i personaggi e di conoscere questa tal persona.... bè, essa è totalmente a caso e nessuno spettatore può aver avuto il benchè minimo modo di capire che questa persona fosse l'assassino/a: per una serie che ha mostrato fino a quel momento una cura dei dettagli notevole ed una struttura ad intreccio funzionale, è una caduta quasi verticale dell'interesse che mi obbliga a questa reazione.




Provate a visualizzare l'epico finale de Il Signore degli Anelli, con Frodo e Sam sulla cima del Monte Fato alle prese con Gollum intenzionato ad evitare il suo tessssoro finisca in fondo al mar di fiamme: bene, ora immaginate che un Orchetto passi di li, veda i litiganti e si inserisca totalmente a caso nella contesa facendo cadere l'Anello nel vulcano.
Ecco, siamo li.
Anche qui un personaggio totalmente a caso, che avremo visto circa due o tre volte in tutta la serie e che ha avuto fino ad allora un totale di tre, forse sei frasi ad abbondare, si rivela essere il centro della storia e per questo riceve nell'ottavo episodio un lungo flashback che serve a spiegare il perchè ed il percome.
Il problema, appunto, è che quando ho assistito all'ottavo ed ultimo episodio, mi stavo seriamente arrabbiando: per quanto niente di quanto mostrato fino a quel momento fosse realmente nuovo, e ogni singolo aspetto fosse anzi abbastanza telefonato, dalla tipologia di cittadina al perchè la gente ci si sia trasferita fino a chi siano i buoni e chi i cattivi, tutto era stato ben mostrato e ben narrato, in ossequio alla logica show, don't tell, ossia "mostra, non (limitarti solo) a narrare".
Qui invece si show parecchio e si tell altrettanto, ma tutto sembra così assurdamente a caso, che il colpo di scena vale proprio perchè nessuno, in alcun modo, avrebbe mai potuto intuirlo.
Quando si parla di sospensione dell'incredulità, si parla di un tacito accordo tra lo sceneggiatore e il pubblico: se si vede un film realistico come questo, con una componente distopica terribilmente concreta e plausibile, è lecito ci si aspetti certe cose, da un disastro nucleare ad una guerra tra superpotenze, ai soliti giochi di potere fino a persone che si fingono differenti da ciò che sono; ma se per assurdo all'improvviso apparissero gli zombie, ecco che li, in quel momento, il patto di sospensione di incredulità, si scioglie.

Inoltre, questo è un raro caso in cui un po' più di show non mi sarebbe dispiaciuto: accadono certi eventi che conducono alla nascita della comunità di Paradise e, non avrei mai creduto di poterlo scrivere, mi sarebbe piaciuto vederli, pure con effetti speciali pezzotti, pure con due o tre inquadature in computer grafica scadente, pure con un tizio che attraverso due disegni fatti da bambini delle elementari mostrassero, appunto, cosa è successo.
Qui sembra che tutto il budget sia andato agli sceneggiatori ed agli attori, il che è un gran bene, ma, per una volta, mostrare un po' non avrebbe certo fatto gridare allo scandalo.





Da qui in poi, comunque spoiler.

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sicuri? La serie merita di essere vista senza rovinarsi la sorpresa.
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siete ancora sicur oh al diavolo, mica mi pagano per questo.

Allora, partiamo dalla cosa meno grave: il cataclisma, lo scioglimento dei ghiacci, la fine del mondo.
Ok, si intravedono alcune cose ogni tanto, dall'obelisco memoriale di George Washington sommerso dalle acque fin quasi alla punta, ad una giornalista che, in piena notte, si trova sul tetto di un grattacielo che viene però travolto da una onda anomala, ma sono cose davvero blande ed, in generale, non si vede mai una mazza.
Non pensavo di poterlo dire, ma pure due effetti blandi senza nemmeno la spettacolarità di un film come 2012 mi avrebbe fatto piacere fossero stati inseriti.
Ma questo, tutto sommato, è il meno.
L'altro problema, già più serio, è non già l'interruzione della sospensione dell'incredulità, ma proprio la morte di essa, che avviene quando si scopre che la moglie di Xavier Collins, ritenuta morta, ma così tanto morta da ribadire la cosa ogni puntata, guarda un po' è invece sopravvissuta all'esplosione di un missile nucleare che è caduto poco fuori Philadelphia e, sempre "tu guarda il caso", la villain e donna che sapeva troppo, ossia Samantha "Sinatra" Redmond, interpretata da Julianne Nicholson, è in possesso proprio di una conveniente registrazione che lo testimonierebbe.
All'anima della minchiata.
Se devo credere che c'è stata praticamente la fine del mondo per disastri naturali, ai quali si sommano come se non bastasse un bel fallout nucleare a causa delle testate fatte esplodere dalle Potenze Mondiali l'una contro l'altra, andare a scoprire che PROPRIO quella persona che fa molto comodo per ricattare il protagonista sia ancora viva è davvero un po' tanto da buttar giù.
Ed anche questo, stranamente, non è nemmeno il peggio.

La vera pugnalata arriva quando, in modo del tutto inatteso, si scopre che è stato il bibliotecario Trent (interpretato da Ian Merrigan) ad uccidere il Presidente Bradford: ma per quale motivo? 
In passato quest'uomo, che aveva un nome ed una identità differente, assieme altri minatori ha contribuito a scavare e gettare le basi per la costruzione della città-bunker Paradise: sulle prime, egli aveva solo intuito che ci fosse un qualche motivo urgente che spingeva a condurre dei lavori in tale segretezza e con tale celerità, ma solo in seguito aveva saputo quale fosse la reale destinazione di quel sito.
Una volta allontanato dal cantiere di Paradise, perchè aveva intenzione di denunciare, tra l'altro, l'estrema pericolosità di condurre scavi in una zona altamente tossica a causa delle esalazioni sotterranee, l'uomo aveva provato dapprima a denunciare il rischio che il mondo correva, venendo bollato però come un complottista, successivamente aveva tentato di uccidere direttamente il Presidente Bradford per vendicare i suoi operai ed amici nel frattempo morti per le gravi intossicazioni riportate durante gli scavi.

Sto tizio, in sostanza, è la goccia che fa traboccare Paradise


La cosa poteva persino risultare ricca di pathos, se non fosse che non viene mai detto nè chiarito se il Presidente Bradford, a parte aver taciuto al mondo l'imminente fine, avesse in effetti saputo che scavare li fosse pericoloso, cosa che invece il direttore dei lavori sapeva benissimo: quindi, il tutto si riduce ad una vendetta che preveda di uccidere il Presidente che però, buco di trama, molto probabilmente non sapeva una mazza della sorte capitata agli operai.
Nonostante questo, o forse comunque proprio per questo, uccidere il Presidente era, nella mente del bibliotecario, un atto dovuto perchè egli ha mentito al mondo ed ha permesso che solo 25.000 persone selezionate si salvassero, senza che nessun altro potesse quindi avere una chance.
Una volta ucciso il colpevole, Trent aveva intenzione di tornare in superficie e svelare a tutti i superstiti dove si trovasse Paradise. 

Fa strano pensare che non venga mai detto se altre nazioni abbiano o meno previsto il disastro ambientale e che, quindi, solo gli Stati Uniti siano stati in grado di creare un luogo sicuro come Paradise: almeno, già oggi nella realtà nostra quotidiana è verosimile che potenze come il Giappone, la Cina e la Russia non siano proprio a digiuno rispetto alla possibilità di prefigurarsi uno scenario apocalittico e mettere in piedi delle contromisure analoghe, ma tant'è, in questa prima stagione per lo meno, la cosa non viene affrontata; è probabile che vogliano giustamente tenere delle cartucce da sparare nella seconda stagione. E va benissimo così.

Ma accettare tutto sto' casino, le bugie raccontate e gli scheletri nell'armadio già sarebbe abbastanza, ma che la concatenazione degli eventi che portano a scoprire le azioni terribili e gli intrallazzi compiuti dalla Redmond siano in realtà scaturiti dalla vendetta di un tizio a caso che peraltro aveva già provato ad uccidere il Presidente in una occasione precedente, e che nei sette episodi precedenti arrivava si e no a un minuto e mezzo di minutaggio sullo schermo, è davvero un crollo verticale di balle dell'attenzione.



Questo dettagli mi fa seriamene dubitare della imparzialità se non della competenza di chi recensisce, scrive o descrive questi prodotti: il gusto personale non lo metto mai in discussione, tuttavia è anche vero che il senso della misura e di un certo equilibrio nelle valutazioni andrebbe conservato, se si sceglie di fare questo genere di dialogo con dei lettori.
Perchè ok, facciamo ci sia un qualche significato recondito nella serie, che ci siano delle profonde metafore celate, e facciamo finta che sia un colpo di genio che il vero motore del crollo del castello di carte sia un signor nessuno, facciamo anche finta che questo signor nessuno abbia un minimo di appeal e di ascendente e che, infine, sia un personaggio positivo e non un pazzo che ha effettivamente ucciso due persone che erano destinate ad entrare a Paradise per sostituirsi a loro nel ruolo di Trent, regalando l'altro ingresso ad una tizia anch'essa a caso rimediata nel parcheggio di un benzinaio e di fatto salvandosi dalla Apocalisse.
Ecco, pure così, ammetto, non me ne potrebbe fregare di meno di un tipo che fino a quel momento è stato meno di due minuti, come pur empatizzando con il solito clichè degli operai sfruttati e mandati alla morte non posso affezionarmi a personaggi presentati durante l'epilogo e non durante la narrazione precedente.
A quel punto, tanto valeva che l'assassino fosse lo stesso padre del Presidente Bradford, in preda ad un attacco di senilità o Alzhaimer, o il giovane figlio una volta scoperte le menzogne raccontategli, credendo erroneamente il padre fosse parte del sistema o...qualsiasi altra cosa che un tizio a casaccio.
Davvero, su questa cosa non sono riuscito a passare sopra.

E più leggo di opinioni o recensioni positive - e lo è anche la mia - ma senza che nessuno abbia speso due parole su questi aspetti, mi rendo conto che la vera obiettività c'è laddove non circolano soldi per pubblicità, banner, sponsor e chissà che altro.

Tirando le somme, Paradise intrattiene, si rivela essere un ottimo prodotto pur non essendo decisamente rivoluzionario, è ben scritto e dannatamente curato nella recitazione, ma fallisce proprio sul finale.
Un po' come me in questa recensione, dato l'ho tirata fin troppo per le lunghe.

- Lordgirsa-

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