lunedì 30 agosto 2021

Spider Man No Way Home: il trailer - finalmente! Ma l'attesa è stata ripagata? Le aspettative sono state soddisfatte?



Giorno 24 agosto, anno 2021: una data storica.

Dopo mesi di rumors, di fake news, di trailer montati ad arte per convincerci che si, quel tizio con la calzamaglia LIDL da 2,87 euro è in effetti Tom Holland che si esercita nel backstage, dopo le dichiarazioni di Kevin Feige, Alfred Molina, Benedict Cumberbatch e praticamente chiunque compreso la propria zia, cugina, assistente di set, pizzaiolo e ragazzo delle pulizie, finalmente ci siamo per davvero.

Preceduto da un ennesimo leak, ossia una fuga di notizie che ha visto qualcuno del pubblico intervenuto al Panel e filmare alcune scene del trailer condividendole sui social, la Sony ha deciso, vuoi per scazzo vuoi perchè così aveva stabilito per davvero (#credici) dopo l'altra levata di forconi e minacce di morte e si è risolta a presentare questo stracavolo di trailer cinematografico così si, da domani finalmente potremo tornare a dedicarci a cose un attimino più serie, tipo l'Afganistan, il Covid, la situazione economica mondiale e tante altre cosucce un zinzino più importanti.

Ok il panem et circenses, ma persino io che sono un appassionato sfegatato iniziavo a sentire l'assurdità della vicenda, con dozzine di notizie fasulle, voci di corridoio, rivelazioni e smentite, attori chiamati a soddisfare i nerd all'ultimo stadio anticipando che forse forse il tizio che ha portato le pizze sul set era l'amico del proctologo di Sam Raimi e che questo significava sicuramente che allo 0,001% ci sarebbe stato un cameo di Stan Lee per l'occasione disseppellito e portato in veste di Marvel Zombie nel prossimo No Way Home.
Di tutto questo bailamme che si salva? Ne è valsa la pena farsi tante seghe mentali - e, per alcuni, di certo non solo quelle - per un accidente di trailer di un accidenti di film Marvel?
E quante volte dovrò precisare che anche io sono un appassionato all'ultimo stadio ma che sente con meno urgenza di altri l'esigenza di rivedere settecentordici volte questo video per scoprire anche quanti peli nel naso ha il Dottor Strange?




Presente, oggi, 30 agosto 2021: a distanza di quasi una settimana dall'incredibile evento anticipato dalle forze astrali, sedata la buriana, placati gli animi dei nerd di tutto il mondo e visto gli altri immolati come un novello New Forth Avanguardian Deep fru fru Impact di neongenesisevangelionesca memoria (è uscito l'ultimo capitolo della tetralogia ad incasinare ancora di più tutto), che possiamo dire al riguardo?

Intanto ecco a voi, per quei DUE sulla Terra  che non l'hanno visto, il trailer incriminato.



Cosa si vede e cosa sappiamo?

Il trailer è stato costruito in un modo decisamente intelligente: mostrare senza spiegare, accennare senza rivelare.

Dopo gli eventi di Far From Home - a me continua a non convincere questo Spider-man di Tom Holland, più che altro per il tipo di film che gli vengono costruiti attorno e perchè si comporta da stupido minchietto nel 90% delle circostanze - Mysterio, interpretato da un sempre grande Jake Gyllenhaal, ha non solo svelato la vera identità dell'Uomo Ragno, ma anche creato prove che lo accusano del proprio omicidio.

Un plot interessante, che strizza l'occhio a quello che accade post Atto di Registrazione quando un ben più adulto Peter Parker, nei comics, con già un matrimonio in corso con Mary Jane, svelava la propria identità diventando l'alfiere di Tony Stark che si faceva carico di tutto ciò che comportava rendere i supereroi "pubblici", con tanto di nome, cognome ed indirizzo: ma quando tutto si complicava, ossia quando ci si rendeva conto che il Superhuman Registration Act diveniva un mezzo vergognoso per perseguitare chi non si allineava all'aspetto politico della cosa e voleva agire solo a fin di bene, senza costrizioni, imposizioni, richieste, permessi. 
La cosa è stata rappresentata in modo abbastanza efficace e con i dovuti mezzi in Captain America: Civil War, in cui debuttava per la prima volta proprio lo Spider-Man di Tom Holland che veniva inserito nell'universo Marvel ufficiale rispetto a quello "tradizionale" cui appartiene ancora adesso, quello della Sony. Le cose nei comics andavano avanti in un certo modo che approfondirò in seguito, mentre qui il fulcro è il Dottor Strange interpretato dal Benedict Cumberbatch , che fa la felicità del copia-incolla, dato che spesso lo chiamo Cumbercoso per velocizzare.



Un palese indizio della presenza del Diavolo Mephisto, 
 interpretato chiaramente da Fabio Rovazzi



Nel trailer, difatti, il sempre giovialmente minchietto Peter Parker si reca dallo Stregone Supremo perchè la sua vita è diventata impossibile: creduto erroneamente responsabile di aver ucciso Mysterio - cosa comunque in un certo senso vera) uccidendo così un vero eroe (cosa ovviamente falsa), tutti lo prendono di mira, dai media ai compagni di classe, perseguitandolo e rendendo difficile anche ai suoi più diretti parenti o persone prossime (Zia May/Tomei, Happy Hogan, Ned, Mary Jane) il condurre una esistenza normale. 
Dunque, uno Spider-man che non ha imparato nulla circa il concetto di responsabilità chiede come se il dottor Strange fosse il celebre mago Otelma o uno che legge le carte in tv, una soluzione rapida, un colpo di spugna: "mi fai la magggggia così tutti scordano che io sono Spider-man?" e lo Stregone Supremo, titolo in questo caso evidentemente un po' troppo esagerato, accetta; e, nonostante già fosse una cazzata immane a monte incasinare la realtà per il proprio tornaconto,  Peter ci mette il carico di coppe in quanto ha la brillante idea - sempre da bravo minchietto - di disturbare un mago mentre sta castando, cosa che anche nell'ABC del gdr è noto non vada fatto e, per questo, scatena un bellissimo spell-failure, un fallimento critico, una evocazione andata male, un fumble, chiamatelo come vi pare.


Perchè rompi le balle, figliolo?


Fatto sta che l'universo o, meglio, il Multiverso, collassa, si creano casini su casini, la realtà diventa un macello e, finalmente, arrivano anche i cattivi annunciati dagli altri universi/precedenti film: un Doc Ock di Alfred Molina - ringiovanito con una CGI atroce, ma confido le cose miglioreranno con l'uscita del film vera e propria- una bomba del Goblin di Willem DaFoe - che un po' come Jack Nicholson ha cucito addosso la faccia da pazzo e quindi più che Norman Osborn non potevano fargli recitare già ai tempi - i fulmini dell'Electro di Jamie Foxx che concordo abbia recitato da cani ne Amazing Spider Man 2 - il potere di Electro, per quanto continui a non concordare con chi ha demolito quel film in toto, oltre ad una nuvola di sabbia che potrebbe richiamare l'Uomo Sabbia di Flint Marko anch'egli apparso nella trilogia "originale" di Sam Raimi ed un'ombra bestiale che potrebbe essere quella di Lizard apparso nel primo Amazing Spider Man; qualcuno ha anche intravisto indizi che richiamerebbero all'Avvoltoio interpretato da Michael Keaton, una delle poche cose eccellenti del primo Spider Man- Homecoming e quindi da qui all'ennesima congettura che porti ai Sinistri Sei il passo è straordinariamente breve; e da qui, all'ennesimo rumor che da tempo echeggiava, che si troveranno ad interagire tutti e tre gli Spider Man ufficiali fino ad ora apparsi, quello di Tobey McGuire (mai sopportato), quello di Andrew Garfield (quello che preferisco) e appunto quello di Tom Holland per un megaipergrandefavoloso crossover.

Tutto molto bello, piacevole, nerdastico.
 
Il vero problema, però, a questo punto, è un altro: al netto di citazioni, omaggi, congetture, camei e altre cose che facciano felici i fan, me compreso, di vedere certe cose su uno schermo cinematografico, quello assai più serio e grande riguarda il SE attorno a tutte queste belle cose ci sia effettivamente, aggiungendo e sottraendo, un CACCHIO di film che si regga da solo.
Questo perchè, si è detto più volte, non tutto quello che funziona su carta è poi efficace se reso, persino 1:1 nella resa in un film ed inoltre la mia personale paura di vedere quello che spero essere un buon prodotto, se non piacevole ed esaltante, ridotto invece ad una baracconata piacevole per gli occhi, magari anche in grado di solluccherare l'appassionato come me ma che poi si riduca ad una semplice accozzaglia di scene piacevoli come fu Batman V Superman che però non si reggeva sulle proprie gambe, un vero e proprio gigante d'argilla. 

Usando linguaggio gergale da bar, la mia paura è che il film, insomma, si attesti ad essere una bambinata se non una vera e propria pu*****ta. Ecco, l'ho detto.



If there's something strange in your neighborhood.
Who you gonna call?Avengers!


Aggiungiamo anche che sempre voci - peggio di Giovanna d'Arco - riferiscono che il Doctor Strange potrebbe nascondere qualcosa per giustificare l'essersi prestato ad un piano così idiota e pericoloso e buttiamoci anche l'ipotesi Mephisto, l'archetipo del Diavolo nell'Universo Marvel dei fumetti, ed il quadro è completo.

Un brutto presentimento, riguardo a questo, io ho

Ennesima citazione dovuta a Star Wars e questa, temo, la più azzeccata di tutte. 
Come già accennato, i motivi per temere sono numerosi e già palesatisi a prima vista durante e dopo la visione del trailer: un trailer che, si, è risultato esaltante ma ha in effetti preoccupato parecchie persone che condividono a grandi linee un po' tutti i problemi da me già elencati.

Nel ciclo a fumetti, Peter si recava SI dal Doctor Strange per ottenere aiuto, ma non (solo) per la propria identità un tempo segreta, ora nota a tutti, quanto perchè l'anziana Zia May era stata quasi uccisa da un colpo di fucile destinato proprio a Peter, da parte di un sicario inviato da Kingpin: e quando persino la medicina normale ed una trasfusione del proprio stesso sangue radioattivo potenziato dal ragno falliva, un sempre più addolorato Spider Man faceva ricorso alle arti mistiche e allo Stregone Supremo nel prologo di quella che, da allora, è diventata la saga più odiata da tutti, me compreso, legata all'Uomo Ragno, ossia One More Day: in essa Peter giungeva persino a scendere a patti con il Diavolo, Mephisto appunto, che peraltro da perfetto idiota non chiedeva qualcosa di importante come, non saprei, l'anima, la schiavitù eterna, il figlio della coppia da rendere un malvagio imbattibile un giorno, bensì la "gioia" del matrimonio stesso tra Peter Parker e Mary Jane Watson, le energie positive e la "solidità" che i due riuscivano a darsi reciprocamente in cambio della salvezza della vecchia bast , di quella maledetta vecch dell'adorabile Zia May e di resettare la memoria di tutto il mondo circa la vera identità di Spider Man.


Bravo fesso. Potevi chiedergli quello che volevi, ed invece...

Per quanto One More Day fosse stato presentato come un modo per "ringiovanire" il personaggio dell'Uomo Ragno, facendolo tornare sostanzialmente indietro ai problemi, guai e tipo di storie degli esordi - supereroi con superproblemi - è stata unanimemente riconosciuta come la saga peggiore che mai sia stata pubblicata, celebrando la perdita di migliaia e migliaia di fan che da quel momento si disinteressarono in toto, o quasi, delle vicende fumettistiche di Spider Man, me compreso. 

Tornando ai comics, dunque, lo Stregone Supremo interveniva e faceva appello in effetti alle Arti Mistiche e, pur informandolo di non poter invertire il destino della anziana donna morente, cerca comunque di aiutare Peter mettendolo in contatto nello stesso istante temporale con le più grandi menti dell'universo, tra cui Dottor Destino, l'Alto Evoluzionario, Mister Fantastic e Dottor Octopus. Inoltre, approfittando di un momento di distrazione di Strange, Peter tenta di tornare indietro nel tempo, grazie ad un incantesimo che aveva visto proprio presso la dimora dello Stregone e senza il suo consenso dello stesso, ferendosi gravemente nell'impresa: nonostante questo, Strange cura le ferite del giovane uomo e lo esorta a scendere a patti con quello che è comunque il corso della vita.

Per quanto poi l'inserimento di Mephisto mandi in vacca tutto, le premesse erano comunque interessanti, anche perchè questa saga era preceduta da Back in Black, una degli archi narrativi da me preferiti con uno Spider Man con ragnatele organiche - come quelle viste nei film di Sam Raimi - e con una sana dose di incazzatura che lo rendevano un personaggio umano, splendido e completo come mai fino a quel momento.

Con tutto quello che è stato da me riportato fin qui, dunque, non può stupire che la gente abbia provato un sano brivido quando si è confrontata con il trailer di No Way Home. 
L'incipit della trama pare ricalcare diversi spunti di One More Day, lo strano comportamento di Strange stesso, secondo le varie teorie una Variante oppure controllato o ancora Mephisto in persona che si è sostituito a lui, l'idea di resettare le memorie probabilmente quando Sylvie uccide Kang al termine della saga di Loki, il caos nella Sacra Linea Temporale che è un modo come un altro per definire il Multiverso, sono tutti elementi che possono si, portare ad una trama piacevole, ma di solito cose così elaborate, lunghe e complesse vengono trattate, e nemmeno bene, spesso, su carta, più che su schermo: per quanto io stesso abbia gioito nel vedere tante chicche in questo famigerato trailer, ho più perplessità e paure che certezze e gioie, ad ora. 


Un bagliore rossastro negli occhi di Strange. Che riveli... congiuntivite?

Per quanto ad oggi la scaletta delle uscite della Marvel in sala sia Chang Chi (settembre) Eternals (novembre) e No Way Home (dicembre), nonchè le serie come Hawkeye e Ms Marvels, onestamente mi sento di dire che proprio questo film può essere il più debole di tutti perchè si sono concentrati su di esso aspettative enormi, a causa anche di un entusiasmo che lo stesso Feige non ha fatto niente per smontare, e ci mancherebbe, il che però potrebbe portare anche ad una grossa delusione verso il prodotto: non dimentichiamo che Spider Man è ancora affare della Sony e che questo, sulla carta, dovrebbe essere l'ultimo film stand-alone, ossia in solitaria, per il personaggio ambientato nell'universo Marvel mentre lo stesso Venom rimane sempre della Sony. 
Non è da escludere, quindi, che se questo esperimento di cross over non dovesse dare i risultati sperati, non dimenticandoci infatti che tutti i film di Spider Man in cui c'era più di un cattivo hanno floppato di brutto, a ragione o torto (SpiderMan 3, Amazing Spider Man 2), ci possa essere una morte illustre nel panorama Marvel e l'Uomo Ragno tornare a casa, in attesa di ulteriori sviluppi.  


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sabato 21 agosto 2021

[La cantina dei giochi dell'Hobbit] Druid - il gioco di ruolo italiano: approfondiamone le meccaniche

Dopo aver dato le linee generali di Druid, il gioco di ruolo italiano pubblicato nel 1993 sotto il marchio della Editrice Giochi, andiamo ad approfondire ulteriori elementi che permettano di chiarificare ulteriormente le varie linee di originalità di questo prodotto.

Come accennato nel precedente articolo (che, per comodità, vi riproponiamo QUI), il combattimento, l’uso dei Poteri e il ciclo vitale dei personaggi sono elementi che restano da affrontare, assieme ad un generale sguardo inerente il come superare le canoniche prove di abilità.




Le Prove

 Partendo da questo aspetto, le prove di abilità vengono semplificate in una parola: TEST. Un tipico test richiede di superare un Livello di Difficoltà (o di LD) pari o superiore a 100 punti (per una prova media), cosa che si può fare sommando il punteggio della caratteristica base (per esempio, Intelligenza) e quello della eventuale abilità coinvolta (per esempio, Storia) ad un tiro in d100.
A questo proposito, tutti i punteggi delle Caratteristiche e delle Abilità vanno da un minimo di 10 ad un massimo di 90 punti.

A seconda della sensibilità del Master e dell’esperienza di gioco, la tipica prova potrebbe iniziare ad essere molto più facile (90, 80,70 punti persino) fino ad essere molto complessa (150 o più), cosa che permetterà di rendere le cose difficili all’occorrenza, specie quando con la pratica si sarà anche in grado di “personalizzare” i Test in base al contesto: per esempio, un Master smaliziato potrebbe rendere più facile una prova di Orientarsi per un elfo in un bosco e decisamente più difficile per un nano che, da background, abbia vissuto sempre tra montagne e gallerie.
Anche se questa affermazione può sembrare essere la classica scoperta dell’acqua calda, c’è da dire che questa regola può essere applicata (anzi, dovrebbe venir applicata, a modesto giudizio dello scriventein tutti i sistemi di gioco: troppe volte alcuni DM non tengono conto delle differenze di background tra personaggi e fissano, in termini d&distici, una CD generica di 15, 20 punti per tutti quanti coloro che si cimentano in una prova.
Viene anche codificato il sistema del “successo” o dell’ “insuccesso” parziale, ossia, sempre affidandosi al buon senso del Master (e qui si piange, perché è dote spesso mancante), viene consigliato di interpretare come “quasi riuscito” un Test con LD 100 in cui si è realizzato “solo” un 90. Quindi, un Master di buon senso (e ci risiamo…) potrebbe dire “non sei riuscito a sfondare la porta, ma ne hai divelto pesantemente i cardini. Chiunque voglia riprovare, ora potrà farlo con un LD più basso e facile”.
Il sistema dei punti esperienza (PE), inoltre, soccorre in quanto è permesso spendere un certo numero di PE per raggiungere il risultato minimo necessario a superare il Test (quindi, nell’esempio di cui sopra, spendendo 10 PE ci si assicurerebbe di aver sfondato effettivamente la porta). Come si accennava, quindi, i PE servono a potenziare il proprio personaggio ma anche a permettergli di cavarsi di impiccio “con esperienza” (è il caso di dirlo); Vampiri è sicuramente un sistema che ha puntato molto sulla spesa dei punti per migliorare la scheda del personaggio, ma questo appartiene anche al sistema Simulacri (avete mai giocato a “Ken Il Guerriero, il gioco di ruolo” ?) e ad altri: resta, tuttavia, un’ottima cosa che arricchisce, con una idea semplice, il sistema di gioco.




Il Combattimento

Anche qui le meccaniche semplificate vengono in aiuto e ci sarà la possibilità di notare la cura del gioco ideato da Spartaco Albertarelli & Soci: il bonus di attacco con l’arma utilizzata viene sommato al tiro di 1d100; ad esso si contrappone il punteggio di difesa dell’altro personaggio a cui si somma anche in questo caso 1d100: in caso il punteggio dell’attaccante sia superiore a quello del difensore, si procede a determinare i danni, viceversa l’attacco si considera andato a vuoto oppure bloccato. Il difensore ha anche qui la possibilità di spendere dei PE per “una parata di istinto”, impiegando tanti PE da colmare la differenza con l’attaccante: se per esempio l’attaccante ha totalizzato 135 e il difensore 111, quest’ultimo dovrà spendere 24 PE per parare.
Come si evince, la difesa in Druid è qualcosa di dinamico e alle volte imprevedibile, lontano dalla staticità della Classe Armatura di D&D e si avvicina al concetto di Girsa/Rolemaster, in cui è possibile spendere anche parte (o tutto) il proprio Bonus Offensivo per parare gli attacchi: sempre a Girsa/Rolemaster si avvicina in quanto le armature offrono una Riduzione al Danno alla Testa, al Torace, alle Braccia e alle Gambe, in modo da simulare la protezione di determinate zone del corpo o la difficoltà di proteggerle degnamente; per fare un esempio, il Torace di un personaggio si può senza dubbio proteggere più facilmente (vestiti, corazze, armature e altro) di quanto si possa proteggere la Testa per quanto, si deve precisare, sia più facile colpire il Torace che non la Testa.
Largo quindi a colpi localizzati, a colpi critici e a danni permanenti che è possibile infliggere ai propri avversari: difatti, se si è riusciti a superare la difesa di un avversario, è il momento di infliggergli dei danni.

Le armi, in Druid, infliggono sempre un danno “fisso” (la Potenza di un’arma), per così dire, in termini di Punti Vitalità (o punti ferita, se è più semplice afferrare il concetto): una spada normale infligge 5 punti di danno, uno spadone 8 e così via: l’alea è data dal tiro del d100 tirato per tentare di colpire, ragion per cui se si è riusciti a far breccia nelle difese dell’avversario, il dado delle unità indicherà quale parte del corpo dell’avversario sia stata colpita (e 0 indica quella più esposta e senza protezione alcuna) mentre il dado delle decine si somma alla Potenza dell’arma: il totale dei danni così realizzati viene sottratto dal valore di protezione della zona colpita (come detto, se il dado delle unità è 0 il danno è integrale e non viene ridotto). Risultati con Tiri Decisivi (che sono non modificabili, ossia 95-100) si traducono in attacchi devastanti e nella possibilità di infliggere, con i colpi critici, ulteriori Punti Vitalità di danno oltre che danni permanenti; per contro, un attacco in cui si sia effettuato un Tiro Critico (01-04) avrà conseguenze assai spiacevoli.




I Punti Vitalità ed i Punti Resistenza

Ecco un’altra introduzione originale e peculiare di Druid: abbiamo visto che, a seguito di uno scontro, un personaggio può ricevere un attacco, l’attacco giungere in una certa zona del corpo e questa essere protetta più o meno bene: ma, salvo che le protezioni non assorbano del tutto il danno, il difensore avrà incassato un po’ di danni, in termini di Punti Vitalità.
Ma quanti Punti Vitalità un personaggio può incassare prima di crollare a terra?
Una bella domanda, che merita una regola ancora più bella.
Un personaggio, difatti, anche al meglio della sua condizione fisica, non potrà mai incassare più di 20 danni (ossia 20 Punti Vitalità): anzi, alcuni personaggi, vuoi per razza, vuoi per sesso, possono incassarne anche di meno.
Sembrerebbe una scelta azzardata e poco pratica, in un contesto in cui si è abituati a vedere personaggi cadere da venti piani d’altezza e rimanere magari con uno o due punti ferita ma ancora perfettamente attivi dato che, nella logica di D&D, finiscono per averne più di 100 anche i maghi: lo stesso vale, peraltro, in Girsa/Rolemaster, sebbene nella situazione di cui sopra si subirebbero tali e tanti di quei critici da fare prima nel rifare il personaggio che stare a verificare se esso muore dopo il quinto o sesto critico da impatto.
Ma in Druid, si è ricreata la verosimiglianza più piena: le battaglie affaticheranno, alla lunga, il corpo anche del più valente combattente, quindi i Punti Vitalità (ossia, la capacità di incassare danni) resteranno sempre fissi: col tempo, i PG impareranno magari a difendersi meglio, si procureranno (o realizzeranno loro stessi) strumenti magici di protezione (scudi, armature, bracciali e quant’altro), ma saranno sempre vincolati alla morte, “[…] che sia in battaglia o per il lento sfacelo del tempo”, per citare Elrond. Se ci pensate, è verosimile: con l’allenamento è vero che si possono imparare migliori tecniche di difesa, accompagnare i colpi in modo che essi raggiungano più difficilmente le parti vitali del corpo, ma se si riceve un colpo di spada in pieno petto l’allenamento (ossia il livello di un personaggio) conterà poco, anche se una persona abbia combattuto molte battaglie; e, per concludere con le citazioni, “l’uomo più potente può essere sconfitto da una sola freccia”.
Col tempo è addirittura possibile che si perdano Punti Vitalità in modo permanente, come conseguenza delle battaglie o dell’uso dei Poteri (vedi seguito).
I Punti Resistenza, invece, servono a simulare la “freschezza” del personaggio, quanto si senta affaticato dopo una giornata o una veglia per montare la guardia o solo per aver compiuto sforzi senza che per questo abbia subito delle ferite: e, per quanto un danno in termini di Punti Vitalità si rifletta anche in termini di Punti Resistenza, non è vero il contrario perché è possibile che si sia molto affaticati senza aver ricevuto danni in battaglia; sono i Punti Resistenza quelli che vengono utilizzati per simulare l’affaticamento di un personaggio che impieghi uno dei Poteri.




 I Poteri

I PG sono – oppure scopriranno di essere- dei Prescelti: i novelli Druidi, latori dell’Antico Potere che ancora dimora nel mondo e di cui i malvagi Derwydd, i Druidi Rinnegati ed i loro servitori intendono impadronirsi, così da liberarsi dal Limbo. L’Antico Potere si traduce nell’accesso a Poteri della Mente, dei Folletti, della Musica e delle Rune: primeggiare in alcuni o tutti dipende in buona parte dal punteggio di caratteristica dei personaggi (per esempio, un’alta Intelligenza per essere migliori nei Poteri della Mente, mentre la Sensibilità è fondamentale per le evocazioni dei Folletti).
I poteri della Mente, come suggerisce il termine, si basano sulla forza di una mente allenata di ricreare diversi effetti: telepatia, guarigione, illusionismo, ipnotismo e così via.
I poteri sui Folletti, per quanto più pericolosi (da che mondo è mondo “evocare qualcosa” è sempre un rischio), possono essere più versatili, in quanto il personaggio può avvalersi dei servigi di un folletto della Terra, dell’Aria, dell’Acqua o del Fuoco.
I poteri della Musica riscattano finalmente i bardi che, in D&D, sono sempre stati personaggi di terz’ordine, salvo per ragioni interpretative: per quanto i Bardi siano gli unici a poter accedere a questa forma di Antico Potere, essi devono essere sprovvisti di armature per poter suonare liberamente: ma i poteri che possono esercitare- la cui portata ed efficacia può dipendere anche dagli strumenti impiegati, dal flauto alla cornamusa – possono calmare le emozioni bellicose, indurre alla fuga, spingere un gruppo di persone a combattersi fratricidamente gli uni contro gli altri oppure donare maggior convinzione e forza in battaglia ai propri alleati.
I poteri delle Rune, infine, sono la forma più alta di chi mira a padroneggiare l’Antico Potere: nello specifico, solo alcuni possono arrivare a questi vertici di controllo del Potere che richiede molti sacrifici. Sostanzialmente, il Potere delle Rune è quello di infondere proprietà magiche negli oggetti, ricreando, potenzialmente, qualsiasi effetto magico: da potenziare uno scudo a rendere infuocata una spada, dal creare una cintura per volare a tessere un vestito che garantisca di poter curare all’istante un certo numero di ferite subite.
I Poteri probabilmente sono l’unico aspetto che, a voler essere sinceri e fastidiosi come una foglia di fico, andava ampliato e perfezionato: non perché non siano chiare le regole che si accompagnano al suo uso, ma perché al contrario è necessario alle volte non affidarsi al buon senso delle persone (Master e Giocatori) e si deve codificare espressamente tutto ciò che si possa fare e tutto ciò che non si possa fare; questo perché si può rimanere ancorati ad un’interpretazione molto rigida dell’uso dei poteri (specie dei Folletti) o potenzialmente troppo libera (creare Rune di ogni tipo, su ogni oggetto possibile).

non provate a dire che non sia bellissima

non provate a dire che non sia bellissima questa copertina

Druid ha conosciuto una scatola/modulo di espansione (Magh Mor) in cui si introducevano alcune novità sotto il profilo delle professioni e delle razze ed in cui si affrontava con una certa cura l’aspetto dell’erboristeria, delle piante da usare e delle leggende che si accompagnano alla Pianura omonima (la Magh Mor, appunto), oltre ad essere corredata da un’avventura che seguiva cronologicamente e logicamente la precedente Il Cerchio dei Funghi (contenuta nella scatola base): inoltre, conteneva uno splendido cartonato composto da numerosi pezzi con cui creare il proprio dungeon.

Potrei ancora insistere sulle bellissime illustrazioni e le mappe poster che abbellivano il gioco trasmettendo una sensazione di possibilità di gioco sterminate, potrei citare i segnalini cartonati e colorati per indicare i personaggi ed i nemici, potrei aggiungere molte altre cose.
Si, però voi almeno impegnatevi un poco, ed andate a procurarvelo, ‘sto gioco di ruolo: mica posso fare tutto io.

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[La cantina dei giochi dell'Hobbit] Druid, il gioco di ruolo di stampo celtico

  

Erano gli anni ’90: un gruppo di individui composto da personalità brillanti e capaci (Spartaco Albertarelli, Paolo Parente e Nick Gandolfi) che in tanti, ancora oggi, ringraziano, decise di dare voce ad un progetto, quello di un GDR  tutto italiano, che mescolasse i tratti migliori dei roleplaying in circolazione, ovvero Dungeons  & Dragons, Girsa (Gioco di Ruolo del Signore degli Anelli, noto anche come MERP– Middle Earth Role Playing), Vampiri e Il richiamo di Cthulhu.

 Nacque così Druid, pubblicato nel 1993: e un po’ si piange di commozione, via.

 druid

Druid era fondamentalmente un gioco di ruolo che aveva dalla sua un’ ambientazione originale, un sistema di gioco molto ben calibrato e soprattutto, idee fresche e nuove, di quelle di cui oggi sentiamo disperatamente il bisogno, presi come siamo tra millemila manuali o moduli che hanno una grafica affascinante e piacevole ma spesso sono sprovvisti proprio di un’anima.
C’è da dire che all’epoca ogni gioco che veniva lanciato sul mercato era innovativo e rivoluzionario, da Martelli da Guerra a Lex Arcana: eppure Druid aveva dei tratti distintivi che lo rendevano unico nel suo genere e ci permettono di ricordarlo come una pietra miliare ancora oggi, nonché di sperare di procurarci una copia del materiale pubblicato, se non fosse già nella nostra disponibilità… e magari, un giorno, sperare che il gioco torni ad essere messo in circolazione, foss’anche con una veste (o un nome) differenti, ma conservando inalterati l’ambientazione, le meccaniche, i tratti distintivi.

Spartaco Albertarelli (qui la sua pagina facebook), noi il sasso l’abbiamo lanciato, ora vedi un po’ tu.

Il fantasy cui Druid appartiene è quello tipico dell’epoca, con una particolare attenzione a diversi elementi, tra cui l’accostamento delle professioni a specifiche razze o al possesso di determinati punteggi minimi alle Caratteristiche (di cui parleremo a breve).
Ma cosa aveva di speciale questo gioco che, peraltro, venne presentato in un elegante formato in scatola, sulla falsariga di D&D Scatola Rossa? Andiamolo a ri-scoprire assieme.

L’Ambientazione

L’ambientazione è quella di un continente, l’Annwyn, che mescola atmosfere tipicamente fantasy a quelle celtiche proprie della Britannia, che rappresentano un connotato di grande originalità; la forma e la disposizione delle terre attuali è il risultato di un grande cataclisma consumatosi molti, molti anni prima, un diluvio e una Grande Onda di biblica memoria che ha spazzato via la vita, le città, i territori: una devastazione scatenata dagli Dei, adirati verso Coloro ai quali era stato affidato il compito di preservare l’equilibrio e la vita e che, ad un certo punto, avevano tradito gli obblighi verso la Creazione, iniziando a litigare e combattere fra di loro: gli Antichi Druidi. Gli Antichi Druidi avevano ricevuto il compito di vigilare sulla Creazione, di aiutarla a migliorare ed evolversi in armonia, finchè una frangia di Druidi orgogliosi e temerari prese a cercare di stravolgere la Creazione, andando contro i voleri degli Dei per sperimentare nuove forme di vita, alcune grandiose, altre terribili e mostruose.

Fu questa ribellione scatenata dai Druidi ribelli (i Derwydd) a portare al conflitto con i Druidi ancora fedeli agli dei e a devastare il mondo infliggendo ferite profonde e lente da guarire, finchè non intervennero gli stessi dei a porvi fine con la Grande Onda, che travolse ogni cosa: i Derwydd furono sconfitti e relegati nel Limbo, bloccati da catene di ferro e fuoco, impossibilitati a tornare sul Piano Materiale, mentre gli Antichi Druidi si estinsero quasi del tutto, salvo uno solo, Nehwyn, Colui Che è Tutti e Nessuno, l’Ultimo della sua Casta.
Dalla devastazione sorsero nuove terre, molte razze e stirpi si estinsero, altre presero il loro posto: pian piano la vita tornò nell’Annwyn, e l’Annwyn tornò alla vita.

Bastano queste tematiche, che richiamano alla mente le atmosfere tipiche del Silmarillion di Tolkien (basta sostituire gli Antichi Druidi con i Valar) per capire che il gioco si regge su solide basi a livello di storia e composizione degli elementi, e per coglierne le sfumature più intense di una realtà che il Master deve dipingere con attenzione e cura ai suoi Giocatori; i nomi e le atmosfere che si respirano sono, peraltro, quelle di tenore celtico come, appunto, AnnwynNemethonMabonGae Bolg e tanti altri.

Le razze giocabili sono quelle tipiche del fantasy base, ossia umanielfihalfling e nani, chiamati a muoversi in un mondo nel quale non v’è alcun aspetto tecnologico degno di rilievo (diciamo si tratta di Medioevo pieno), mentre i Personaggi Giocanti, appartenenti ad una di queste razze, scopriranno ben presto d’essere dei Predestinati, in quanto latori dell’Antico Potere di cui erano depositari i Druidi e, per questo, chiamati a raccogliersi attorno a Nehwyn, l’Ultimo Druido.
Si può dunque dire che i Personaggi, sebbene ciascuno di essi ha dovuto intraprendere una professione per sopravvivere nella vita quotidiana, ad un certo punto realizzerà di essere un novello Druido, per quanto molto, molto inesperto, e dovrà rispondere a questa Chiamata affidandosi alla guida di Nehwyn: la prima avventura, un modulo chiamato Il Cerchio di Funghi e contenuto nella scatola base, funge proprio da collante in questo senso e permette al Master di introdurre gradualmente i giocatori nell’ ambientazione, senza utilizzare peraltro le tipiche forzature di quando si cerca di creare, ad inizio campagna, un gruppo di avventurieri senza nulla in comune, per la serie, “ok, facciamo gruppo visto che sono i nostri personaggi”.
In Druid questo non c’è e l’introduzione è molto garbata e ponderata, rendendo l’avventura base estremamente importante e al contempo evocativa.

eccovi lo splendido screen del master

eccovi lo splendido screen del master

Meccaniche di Gioco

Il sistema è, fondamentalmente, un d100 system che è particolarmente caro allo scrivente, dato che permette una assai più vasta gamma di risultati rispetto al d20 system.

Le prove di abilità si basano su un tiro aperto (anche se i tiri 01-04 o 96-100 risultano tiri non modificabili che si traducono in un esito particolarmente disastroso o eccezionalmente buono, a differenza di quanto accade in Girsa) che prevede di sommare l’Abilità di turno alla caratteristica di riferimento:  per fare un esempio, una prova di conoscenza richiederebbe sommare il tiro di dado al punteggio di Intelligenza (una caratteristica base)  e quello di Geografia, oppure Storia; una prova tesa a mercanteggiare richiederebbe il tiro di d100 a cui sommare il bonus di Carisma (un’altra caratteristica base) ed il punteggio di Contrattare.

Una piacevole innovazione, che richiama moltissimo il sistema Rolemaster che ne usa undici e del quale quello di Girsa è una semplificazione, dato che ne impiega sette,  è l’uso di ben dieci caratteristiche base per simulare appieno la gamma di valori che racchiudono l’essenza del personaggio: Forza, Agilità, Riflessi, Destrezza,  Intelligenza, Memoria, Freddezza, Sensibilità, Carisma  e Osservazione.  Queste garantiscono un più alto livello di personalizzazione, non solo verso specifiche prove che necessitano di determinate sfumature da parte del DM e che di solito altri giochi ignorano o approfondiscono poco (esempio, odorare è di base una prova di Sensibilità, mentre in D&D III edizione, si deve  racchiudere tutte le prove tattili in una generica prova di Saggezza, che era una cosa che lascia il tempo che trova), ma anche verso la possibilità di creare personaggi maggiormente rivolti verso certi tipi di professioni (e, con il tempo, l’uso di certi Poteri piuttosto che altri): non ultima, infine, la scelta particolarmente apprezzabile e decisamente più unica che rara, di determinare un punteggio massimo che un personaggio può raggiungere in una certa caratteristica, in base alla razza ed al sesso: così, un personaggio umano può essere più forte di un elfo (e, questo, di riflesso può essere,  per esempio, più agile)  ma una donna umana è meno forte (potenzialmente) di un maschio della stessa razza, recuperando magari sotto il profilo dei Riflessi o della Sensibilità.
Se ancora non vi siete fiondati in rete a cercare qualcuno che possa vendervi questo gioco, lasciando perdere la lettura di questo articolo, vuol dire non ne avete ancora afferrato la bellezza e la completezza.

una delle bellissime illustrazioni di P.Parente

una delle bellissime illustrazioni di P.Parente

Per quanti sono, dunque, ancora indecisi, proseguiamo.
Le Abilità sono parecchie e si suddividono in Abilità Innate, Abilità Pratiche e Abilità di Conoscenza:  di solito un personaggio inizia con una abilità per tipo (una Innata, una Pratica ed una di Conoscenza), il che permette anche a classi di solito “forti ed ignoranti”, come il tipico Guerriero di D&D, di avere qualche competenza di natura culturale; ad esse si aggiungono quelle che vengono concesse dalla razza e dalla professione prescelte, alcune delle quali sono esclusive, come l’abilità di alcuni Nani di “parlare” con le pietre, ossia cogliere quelle sfumature emozionali tali per cui capire se una pietra “è soddisfatta” di trovarsi in una certa posizione o se abbia registrato sentimenti quali paura o disagio, sempre chiaramente visti nell’ottica di una pietra; lo stesso dicasi per una similare capacità degli elfi di parlare con le piante.

Un guerriero elfico potrebbe, quindi, essere capace di parlare con un albero o un fiore? Si, certo.


Druidi di D&D, fatevi da parte, per favore.

Quante volte è capitato che, in D&D, si volesse che il proprio nano chierico, solo per una questione di “realismo e coerenza”, potesse dire la propria mentre il gruppo era sottoterra, magari individuando una zona che comportasse un pericolo di crollo eppure non poteva farlo perché non possedeva quella stramaledetta abilità (incrociata, salvo casi particolari) di Conoscenze (Dungeon)?

Ecco, ora questo rischio non c’è in Druid e largo alla verosimiglianza e ad un gioco più conforme alla tradizione del fantasy da romanzo: non è che ci volesse molto, ma evidentemente  alla Wizard non ci arrivano anche oggi, dopo più di vent’anni.
Poi si dice che noi in Italia non siamo all’avanguardia
.



A questo proposito, forse si può far presente che sarebbe stato opportuno ideare sulla carta molte abilità in più con cui personalizzare i propri personaggi, dato che c’è spesso il rischio di ritrovarsi con un’abilità, magari data dalla professione, che risulti “un doppione”, perché la stessa è stata già assegnata in seno alla creazione oppure per la razza.
E’ facile che un personaggio elfo ottenga l’abilità innata di Fascino (che, alleluia, è indice ulteriore del fatto che il carisma NON E’ la bellezza fisica di una persona, spieghiamolo ancora una volta), ma c’è sempre il rischio di tirare nuovamente la stessa abilità tra le tre abilità casuali in fase di creazione. Non mancano consigli nello stesso manuale su come gestire queste situazioni ma, a voler proprio rompere le scatole agli autori, sarebbe stata un’ottima cosa aggiungere altre tre o quattro abilità per tipo.

Una menzione speciale meritano i Poteri, che però saranno affrontati nel prossimo articolo, assieme alle meccaniche legate al combattimento.

Un’altra  peculiarità di Druid era data dal fatto che le Professioni selezionabili erano molto semplici, realistiche, e abbastanza lontane da quelle classiche: largo quindi al Cacciatore (di professione o errante), al Combattente (di professione o mercenario), l’Erborista, il Fuorilegge, il Marinaio, l’Artigiano (armaiolo, carpentiere o gioielliere), il Saltimbanco ed il Bardo.
Queste professioni, rispetto alle Classi a cui siamo abituati, non hanno nulla di magico e sono quindi molto “realistiche”, dato che concedono privilegi veri e concreti: non c’è spazio per un chierico o un mago in una ambientazione verosimile, che si colorerà di fantasy solo quando i giocatori conosceranno il risveglio del proprio Potere.

Le Professioni di Druid peraltro rispondevano ai dettami propri anche di altri gdr dell’epoca, ossia consentirne l’accesso solo se si rispettavano certi punteggi o si apparteneva (o, meglio, NON si apparteneva) a certe razze: ad esempio, i Marinai possono essere soltanto umani, rendendola una professione eccezionalmente esclusiva.

La seconda cosa, anche questa quasi unica nel suo genere, è data dal fatto che i personaggi non sono immortali: in particolare, hanno un ammontare di Punti di Vitalità (i canonici PF) e di Punti Resistenza (che simulano l’affaticamento del personaggio, grande idea!!) che è pari a 20 unità: paradossalmente, a furia di combattere e di usare i Poteri (si ripete, ce ne occuperemo la prossima la prossima volta), è facile che questi punti decrescano anche permanentemente: ecco quindi l’idea di creare personaggi che siano si, grandi eroi, capaci e destinati a grandi gesta ma anche non eterni, perché chiamati tanto a soggiacere ai rigori del tempo che scorre, quanto a provare sulla propria pelle i postumi delle battaglie e di un costante ab-uso delle proprie forze che li porteranno, prima o poi, verso il decadimento e la morte.
Siamo lontani dalla mortalità di sistemi come CthulhuGirsa e Rolemaster, ma Druid è un’ottima via di mezzo rispetto a controparti ludiche in cui i personaggi, paradossalmente, più prendono mazzate e vengono feriti fin quasi alla morte e più, stranamente, divengono robusti (D&D su tutti).
La sindrome dei Saiyan, in pratica, rapportata ai personaggi giocanti.

Un’ultima precisazione verte sui Punti Esperienza: essi possono venir spesi (un po’ come Vampiri) per migliorare le proprie Abilità e i propri Poteri, ma anche (e questo è il bello) nel bel mezzo di una battaglia, per bilanciare “con esperienza”, è il caso di dirlo, l’attacco diretto ai propri danni riuscendo in una parata di puro istinto e spettacolare, all’ultimo secondo.

Nel successivo post vedremo assieme quali siano le peculiarità legate al combattimento ed all’uso dei Poteri che i  giocatori che impersonano questi  novelli Druidi  potranno sfruttare.

NB l'articolo originale è stato da me pubblicato qui per chi fosse interessato

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giovedì 19 agosto 2021

[Le recensioni di Lordgirsa] GEA – un romanzo di Lucia Vaccarini, personaggio di Luca Enoch


 

(come al solito immagini e nomi sono dei rispettivi proprietari e non si intende ledere alcun copyright) 

E’ difficile, molto difficile, rapportarsi alle novelization di un’opera quale un fumetto, un manga, un film. Pur non essendone amante, ho collezionato un po’ di esperienza con romanzi liberamente ispirati oppure ambientati in specifici universi narrativi: Star Wars, nello specifico, ma anche manga come City Hunter, Ken il Guerriero oppure Bastard!! ma anche le riduzioni di film come Alien, Aliens/Alien 2, Lo Squalo 1 e 2 e così via.

Il problema che di solito - non sempre, per fortuna- riscontro nell'adattare un'opera che appartiene ad un media differente è che il passaggio da uno strumento di fruizione all’altro ha sempre lo stesso deficit: la incapacità di chi romanza- di solito NON l’autore dell’opera di ispirazione – di tradurre su carta, attraverso le PAROLE ciò che il predetto autore mostrava con le IMMAGINI: nel caso di un regista attraverso un film, nel caso di un mangaka o un fumettista attraverso un manga od un fumetto.
Alle volte questo ostacolo, questo deficit, si riesce ad ignorare, tant’è che si scoprono delle rare perle che fungono da Bibbia per gli appassionati, come nel caso del cd. Universo Espanso di Star Wars o gli splendidi e fedeli adattamenti de Lo Squalo 1 e di Alien; e, se proprio si volesse fare una forzatura in merito, si potrebbero considerare gli stessi romanzi di ispirazione fantasy-ludica, ambientati in Forgotten Realms o in Dragonlance delle pietre miliari irrinunciabili che anzi fungono da ispirazione descrittiva e interpretativa per gli amanti del genere.
Ma, trascurando appunto questa “estensione” del concetto che stavo esprimendo, di solito le novellizzazioni sono esattamente quello che appaiono ad una prima occhiata: delle manovre di marketing per spillare soldi allo zoccolo duro dei fan e , forse in un remoto concorso di circostanze, far scoprire il personaggio, la storia, l’ambientazione a dei nuovi lettori.

Ciò premesso, ammetto che anche questo romanzo, ispirato al personaggio originale creato, descritto, inchiostrato e pubblicato tramite Sergio Bonelli editore da Luca Enoch, non sfugge a questa sorta di regola non scritta. E, per chi mi crede, è cosa che mi costa moltissimo ammettere data la materia originaria che tutto è fuorché mediocre -inteso come nella media - quale invece il romanzo di Lucia Vaccarini si presenta.

In una galassia lontana lontana…

No, non c’entra nulla con Star Wars, ma l’incipit va benissimo.

Essendo classe ’80, sono un figlio di tanti padri: papà Disney, principalmente, ma anche Tetsuo Hara, Myazaki, Anno e Toriyama; e, in chiave nostrana, del buon papà Bonelli, sebbene abbia spesso preferito il misconosciuto Zio della Xenia che con Demon Hunter e Bad Moon dava discreti calci nel sedere al buon Bonelli, sebbene di questo scriverò in altra occasione.

Parlando proprio della Bonelli, fumetti come Dylan Dog, Tex ed i successivi Magico Vento, Dampyr, Brandon ed altri hanno costruito un universo composito, nella mia mente, fatto di fantasia solida ed amabile, da bravi fratelli maggiori.

Gea, pur essendo la sorellina spuria e casinista che arriva nella tua famiglia quando oramai hai diciotto, vent’anni e ti chiedi come mai tua madre abbia scelto di regalartela dopo così tanto tempo, ammetto di averla amata parecchio: creata da Luca Enoch, di cui avevo leggiucchiato qualcosa e intravisto le copertine di Sprayliz, l’opera è colma di citazioni, omaggi, poesie, ironia a volte tagliente, splendide tavole, versi di canzoni contestualizzati in maniera pressochè perfetta; grazie a tutto questo, unitamente alle strizzate d’occhi ad una rappresentazione fantasy-fantastica di religione, mito, escatologia e tutto il resto, il personaggio si è ritagliato un posto speciale nel mio cuore. 

 


Per chi se lo stesse chiedendo, Gea è un Baluardo, una ragazzina appena tredicenne che ha ottenuto i poteri e il ruolo di un combattente planare, scelta dagli Esarchi per portare avanti una guerra millenaria di “reincarnazione spirituale” in “reincarnazione spirituale” che vede i Baluardi impegnati nel duplice ruolo di evitare che gli esseri che giungono per sbaglio da altri piani di esistenza possano essere scoperti e costituire un pericolo per l’umanità e per sè stessi, da una parte, e di sconfiggere la stirpe dei Diavoli – che hanno quindi ispirato con il loro aspetto l’iconografia e la visione di quegli esseri in chiave religiosa – che cerca di rompere il Sigillo e abbattere le pareti tra tutti i Piani di Esistenza onde sciamare sulla Terra così come nel Multiverso e riprendersi il posto cui appartengono, dall'altra parte.

Tanto per cominciare, questa di Enoch rappresentava la prima pubblicazione “d’autore” di casa Bonelli: un’opera curata e seguita dal solo autore senza un team di persone che stesse dietro alle varie uscite, e con una cadenza semestrale, rappresentava già di per sè una novità assoluta; ed il fatto che fosse un'opera destinata ad avere uno sviluppo ed un EPILOGO, una conclusione di li a tot anni - Gea è stata pubblicata per quasi un decennio - rappresentava una altrettanto grande novità.
In secondo luogo, un personaggio così particolare ed affascinante, che trattava tante di quelle tematiche sociali mascherate egregiamente da filone fantastico – accoglienza, tolleranza, diversità (di ogni genere), guerra, la “ragione” di chi vive in una terra legittimandola con la propria presenza e chi vuole invece riconquistare quella da cui è stato scacciato- non era tanto comune nemmeno nel panorama italiano dell’epoca, salvo scomodare personaggi “impegnati” come gli X- Men ed altri del panorama mondiale.




Gea era un’opera solo all’apparenza leggera e cazzara o finanche senza pretese: bastava soffermarsi sui vari dialoghi, sul tenore della storia oppure sul ritmo della narrazione per accorgersi invece “di quanto fosse profonda la tana del bianconiglio”.
Sotto la scorza di opera per teenager e la rassicurante scusa di rappresentare “un fumetto” quindi una innocua opera per ragazzi, si celava qualcosa di molto più grande e profondo, colma di messaggi e problematiche che spesso, ancora oggi, è più facile tacitare come “complessi” e dimenticarli perché “non c’è soluzione”: mi riferisco all’albo in cui si parlava del traffico di esseri umani finalizzato all'espianto di organi al cui vertice non c'era il solito gruppo di delinquenti bensì un rinomato medico chirurgo, un uomo di potere inebriato dal poter decidere della vita e della morte di chiunque e che non si curava delle conseguenze morali delle proprie azioni; oppure dell'albo in cui un preteso filoestremista di destra cercava di rimediare alla propria indole violenta con l'accoglienza di una piccola profuga simile ad una succube che cercava di salvare dai suoi "compagni"; o, ancora, di come l’attivismo politico più innocente possa venire sconvolto dalle conseguenze più estreme se strumentalizzato.



Il Baluardo Impazzito, racconto in cui si presentava Orlando -nomen omen – un collega di Gea che però aveva iniziato ad accogliere le Entità Intrusive anziché combatterle, recependo il messaggio universale di fratellanza lasciato dagli Egrigori – gli angeli associati alla conoscenza e che in alcune interpretazioni sono anche coloro che si sono ribellati a Dio sulla falsariga di Prometeo – è un esempio di storia in cui non si ha nessuna certezza di dove si trovi la ragione, sempre ammesso che ce ne sia una; La Via del Nero , in cui un Baluardo Rinnegato si rivela essere un “risvegliato ancestrale”, un essere predestinato al male ma che vuole semplicemente trovare la propria via e libertà senza regole e padroni è un altro esempio di opera in cui la drammaticità della vicenda si mescola alle scene più leggere ed esileranti, con la prima apparizione di un “Pesante”: per chi se lo stesse chiedendo, i Pesanti rappresentano una casta di Baluardi che è focalizzata solo sul combattimento e che si comporta e ragiona come un individuo che vive la vita appieno, tra  turpiloquio, promiscuità sessuale, commenti fuori luogo  e assenza di qualsiasi senso della misura sul cosa dire e come dirlo rivolgendosi al prossimo: presentati quasi sempre come motociclisti tamarri, mangioni e cafoni, fungono in parte da comic relief ma anche da strumento adatto mostrare scene di combattimento overpower.

Quindi ok tutto? Tutto chiaro? Bene. Vi starete chiedendo, dunque, questo romanzo di Lucia Vaccarino, pigramente intitolato solo “Gea”, com’è?

C’erano due volte…(SPOILER!!!)


Il romanzo Gea costa 15,20 euro su Amazon

L’opera in questione, un romanzo che si legge tranquillamente tutto d’un fiato in un paio d’ore, presenta una copertina dell’immenso Luca Barbieri e ha se non altro il pregio di espandere un poco la lore di quell’universo pur prestandosi a qualche sbavatura qua e la. La lettura è scorrevole, il ritmo tutto sommato uniforme e lo stile quanto di più semplice e basilare possibile: in un certo senso, ho trovato più completi e complessi nelle descrizioni e nel tenore delle storie i librogame che compravo e giocavo decenni fa. 
Il fatto che uno stile sia semplice ed un romanzo venga presentato in modo accessibile, non sono necessariamente un male, anzi: Lo Hobbit è di certo quanto di più basilare si potrebbe immaginare almeno se rapportato alla complessità strutturale e linguistica de Il Signore degli Anelli, eppure è l'equivalente di una favoletta per come viene scritto e la storia narrata: eppure, non si potrebbe sostenere in nessun caso che quella di Tolkien sia tutto tranne che una fiaba semplice, celando invece una profondità sconfinata.
Quindi, sfatiamo che "semplice e fruibile" siano termini che rapportati ad un'opera necessariamente debbano portare all'appiattimento, alla banalizzazione ed alla semplificazione estrema: a costo di essere ripetitivi, semplice e semplicistico sono concetti abbastanza lontani

Si approfondisce, sebbene non moltissimo, il concetto di matrilinearità che accomuna Gea alle sue ascendenti fino alla “progenitrice spirituale”, Inanna e si mostra anche il momento in cui la nostra beniamina riceve i propri poteri; si incontrano alcune creature, attingendo anche alla mitologia nipponica e persino delle vecchie conoscenze; si esplora, per dirla in poche parole, “l’Anno Uno” di Gea, quando ella ha ricevuto la propria investitura e si è iniziata ad addestrare per il ruolo di Baluardo.

Ammetto che fino ad un certo colpo finale mi chiedevo come mai l’autrice non si fosse posta il problema annoso, in opere simili, della continuity, facendo incontrare alla protagonista personaggi e situazioni che nel fumetto ella avrebbe trovato per la prima volta solo molti anni dopo; successivamente, per quanto telefonato, ho apprezzato il risvolto narrativo pur continuando a riscontrare il problema costante di queste opere.




Chi scrive, quasi mai l’autore, ha “tutto davanti agli occhi”, un po' come il lettore appassionato medio di quel personaggio, ma non riesce a tradurre su carta ciò che si è abituati a processare attraverso il linguaggio delle tavole e dei disegni: pur non volendo essere critico a tutti i costi, si ha sempre la sensazione di leggere una fanfiction redatta da qualche appassionato che difetta però dei fondamentali di un romanziere professionista, non inquadrando compiutamente quasi mai la scena, peccando di scarsa descrizione fisica dei personaggi o estetica dei luoghi perché, di nuovo, inconsciamente si dà per scontato siano conosciuti e familiari per il lettore e così anche per lo scrittore; avendo provato io stesso a scrivere piccoli racconti, mi sono accorto solo a posteriori quanto essi peccassero di approfondimento e tridimensionalità, perché nella mia mente era tutto delineato, preciso, compiuto e visualizzato, ma non riuscivo a cogliere quanto tutto questo dovessi invece tradurlo su carta, e trasformarlo in parole che descrivessero adeguatamente quelle scene che avevo al contrario ben nitide in testa.

Il tutto sembra, cercando di essere sintetici, un po' sciatto, abbozzato, raffazzonato e quasi composto di fretta: gli stessi scontri sembrano rispondere alla ABC di un qualsiasi romanzo fantasy basilare, al punto che sulle prime avevo il terrore di trovarmi di fronte ad un'opera di Licia Troisi sotto falso nome.

Che si sia trattato di romanzi di Star Wars o di manga di cui già ho accennato in apertura, tutte queste opere, i miei stessi raccontini in primis, presentano lo stesso difetto: una scarsa cura ed attenzione, come se si andasse di fretta, come se ci fosse una qualche urgenza per descrivere le cose.
Perché? Perchè, ancora,  un conto è leggere i balloon di un fumetto, soffermandosi con gli occhi a mirare la tavola o la vignetta che affida il resto della descrizione e del pathos al media delle immagini e della visualizzazione, altro è trasportare tutto quello che già hai “visto”, in delle parole.





Tirando le somme, e con la morte nel cuore, il romanzo GEA è assolutamente nella media: sono lieto di averlo letto, pur non potendomi definire arricchito dall'esperienza, perchè qua e là ho trovato delle piccole gioie e momenti di nostalgia ed un minimo di pathos ed è sempre bello tornare in quel mondo ma il tutto sembra troppo approssimativo e raffazzonato pur non essendo scritto male nè essendo una brutta lettura. 
Purtroppo, però, da un personaggio simile mi aspettavo molto di più dell'equivalente letterario della rimpatriata di classe con gli amici di liceo dopo dieci, quindici anni che hai terminato la scuola: attesa, sognata, fantasticata magari sul "chissà sè" gli amici si ricordano di certe cose o sono rimasti gli stessi, e poi il tutto finisce in una serata modesta in una pizzeria fatta di ricordi agrodolci.
Too bad. 


 

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