giovedì 31 ottobre 2019

Fantasy News: la serie TV della Divina Commedia... sarà ambientata in America? WTF ?!?

Una Hollywood sempre più alla canna del gas produrrà, pare, una serie televisiva che curerà l'adattamento della nostra opera letteraria forse più famosa e bella: La Divina Commedia di Dante Alighieri: il tutto ambientato in una Los Angeles odierna, con una ventenne Dante donna, giovane e problematica e una madre con problemi di tossicodipendenza. Sconvolti? Sapeste io....




Che Hollywood avesse finito le idee lo andavo annunciando dal lontano 2010, e a più riprese, negli articoli che ho curato altrove, specie parlando del reboot di RoboCop (2014), di Total Recall (2012 con Colin Farrel), Biancaneve ed il Cacciatore e tanti altri, in cui ho descritto la metafora di Hollywood come intenta a respirare direttamente dalla canna del gas per suicidarsi.

Non fosse così, e non fosse probabilmente che ai piani alti delle produzioni certi progetti li si affidano a coloro che fanno abuso di sostanze stupefacenti, non si spiegherebbe il come sia possibile pensare di serializzare la Divina Commedia, una delle opere letterarie più importanti di tutti i tempi, portandola sul piccolo schermo attraverso una piattaforma di streaming.



Ora, intendiamoci: l'idea di fare una serie TV sulla Divina Commedia, rispecchiandone il tono linguistico aulico, affidando magari il tutto ad un qualche erede spirituale del compianto Enrico Carabelli, tipo Ivo de Palma, in grado di rendere un anime shonen come I Cavalieri dello Zodiaco un'opera culturalmente rilevante, non sarebbe da buttar via.
A patto di rendere le tematiche politiche che Dante affrontava nel corso del suo viaggio, coerenti con il gusto odierno senza tradirne la collocazione storica e a condizione di avere un budget sufficientemente alto da rendere scenografie, ambienti o CGI degni di questo nome, ne poteva venir fuori persino un qualcosa di originale, bello e interessante. 

Magari una prodotto alla History Channel, stile documentario con gli attori, ma ci siamo intesi.


Il punto è che se poi si decide, si perdoni il termine, di sputt di mandare tutto alla malora "modernizzando" la Divina Commedia, ambientando nella odierna Los Angeles le vicende di Dante, non più uomo di mezza età in quanto trentacinquenne ("Nel mezzo del cammin di nostra vita") ma una novella, giovane donna ventenne di nome Grace Dante - sul serio, che problemi mentali hanno in America? - che affronterà "la selva oscura" costituita da una vita difficile all'insegna del peccato e dalle difficoltà di seguire i problemi di sua madre, una tossicodipendente (?!?!) allora i casi sono due: o le droghe le regalano a piene mani ai Creator ed agli Sceneggiatori di queste porcherie, oppure hanno preso per sbaglio la sceneggiatura di O.C. o un altro teen drama da riadattare oggigiorno.
Perchè.
Non è.
Possibile.

Il vero Inferno sarà questa serie, fidatevi.



Sinossi: cosa sappiamo di Dante's Inferno?


Grace Dante, stando ai rumors, sarà appunto una ventenne con molti problemi, tra cui la già citata madre, un fratello disagiato e una vita complicata ed ardua nella Los Angeles meno piacevole che si possa immaginare, cruda, realistica, dura, sporca; questo fino a quando, all'improvviso, le cose non iniziano ad andare inspiegabilmente meglio: la sua carriera decolla, il lavoro inizia ad andare a gonfie vele, l'amore giunge ed è perfetto, il denaro non costituisce più un problema, tutto quanto sembra essere, quasi magicamente, come dovrebbe essere nei sogni della ventenne.
Questo però si rivela essere l'inizio di un nuovo incubo quando Grace scopre che l'artefice di tutto questo è il Diavolo stesso, per sconfiggere il quale ella dovrà attraversare l'Inferno stesso, sito comodamente proprio sotto Los Angeles.
Siete autorizzati a piangere.



Rinunciate all'idea di qualcosa di così culturale...

A leggere già queste poche informazioni, filtrate attraverso l’Hollywood Reporter che svelava il progetto del network Freeform, molti sono insorti sui social e si sono legittimamente arrabbiati: da chi chiede se sia possibile far causa all'America per cultural appropriation fino a chi semplicemente domanda come sia possibile affidare senza interferire il compito ad una emittente americana, anni luce distante dalla nostra cultura e, con un pizzico di presunzione, dalla cultura letteraria in genere.

L'adattamento sarà curato da Ethan Reiff & Cyrus Voris (Knightfall, una serie televisiva sui cavalieri templari), Nina Fiore e John Herrera (il pregevole The Handmaids Tale), Danielle Claman Gelber (nota per One Chicago) e lo Studio 71.

A questo punto, messe così le cose, l'adattamento della Divina Commedia ad un videogioco, Dante's Hell, in cui Dante è un cavaliere templare che lotta per strappare da Lucifero l'anima di Beatrice massacrando demoni e diavoli con una falce, il tutto calato in un beat'em up stile Devil May Cry, sembra a questo punto decisamente più coerente; videogioco dal quale è stato tratto anche un anime molto violento ma interessante che si può vedere in questo periodo su Amazon Prime Video.

... ma anche di qualcosa di così figo in quella serie TV.

Freeform Network, per chi non lo sapesse, è l'emittente che ha curato saghe appunto teen e familiari come Pretty Little Liars, che dopo un inizio interessante è andato parecchio alla deriva, Shadowshunter, State of Grace (daje...), Beautiful People, Guilt, Beyond, Cloak & Dagger e tante altre.


Che in America non sappiano trattare il nostro materiale, nemmeno se più semplice e leggero come può esserlo un fumetto, nel caso di Dylan Dog, è cosa arcinota, visto che il loro adattamento cinematografico del 2011 ancora mi procura voltastomaco; quindi, è legittimo domandarsi se non sia possibile intervenire personalmente, e non sto scherzando, da parte della politica italiana per evitare un simile scempio, una di quelle idee apparentemente folli che nessuno sano di mente sposerebbe.
Perchè pensare che La Divina Commedia, una delle opere più importanti di tutta la storia della letteratura mondiale, venga violentata in questo modo è forse una delle cose più aberranti che si siano viste negli ultimi tempi e dimostrazione che, a volercisi impegnare, non c'è limite al peggio.

Personalmente non sono mai stato portato a pensare che si debba giudicare qualcosa senza averla veduta, letta, udita, studiata, a seconda del media di cui si parla; ma reputo mi sia consentito giudicare a priori un'idea idiota, messa in scena secondo una storia ancora più idiota, semplicemente idiota.
Non resta che aspettare smentite o conferme: in tutto questo, l'unico Paradiso sarebbe scoprire che tutto questo fosse un gigantesco e in anticipo Pesce d'Aprile.
Ma siamo ad ottobre, oggi è 31, e c'è Halloween stasera: come vedete, c'è da aver paura fino alla morte.

mercoledì 30 ottobre 2019

Fantasy News: HBO cancella il prequel Bloodmoon ma annuncia House of the Dragon. Che caos!


La HBO ha comunicato di aver cancellato la serie televisiva prequel di Game of Thrones - che avrebbe visto anche la partecipazione di Naomi Watts tra i protagonisti e sviscerato le vicende che riguardano la prima Lunga Notte - ma ha annunciato che al contrario tutto è confermato per House of the Dragon, altro spin-off/prequel ambientato "solo" 300 anni prima, all'incirca, delle vicende narrate nella serie de Il Trono di Spade. 
Ma che succede ai piani alti? Come mai tanta confusione?




A quanto pare la HBO ha sempre nuove idee: molte, senz'altro, ma confuse. Dopo aver annunciato che avrebbe prodotto una serie spin-off/prequel che avrebbe mostrato le vicende che avevano condotto alla prima Lunga Notte, dopo aver invece bocciato l'idea che invece avrebbe fatto probabilmente assai più contenti i fan e non di narrare in una miniserie la cosiddetta "Ribellione di Re Robert" con il rapimento di Lyanna Stark perchè "poco interessante dato che tutto è già noto e svelato nei libri" (?!?!), in queste ore ha fatto marcia indietro circa il progetto del prequel sulla Long Night di fatto rinunciando anche ad impiegare una attrice famosa e di tutto rispetto come Naomi Watts, ma ha anche svelato che produrrà invece la saga, House of the Dragon, letteralmente La Casa(ta) del Drago, ambientata circa 300 anni prima delle vicende che abbiamo imparato ad amare ed odiare nella serie televisiva.


Avrei forse dovuto scrivere "nei libri", non fosse che la saga letteraria di George R.R. Martin è parcheggiata con le quattro frecce, motore scassato, senza benzina e con le ruote rubate ad un lato della strada chiamata "non so come proseguire la storia" da anni: per tanti, oramai, me compreso, la saga de Il Trono di Spade è quella della serie televisiva prodotta dalla HBO.
Ma di cosa parlerà, dunque, questa saga, sempre sperando che tra qualche mese il progetto non cambi di nuovo?






House of Dragon: cosa sappiamo.


Ambientata trecento anni prima delle vicende che porteranno alla grande guerra contro gli Estranei e la Approdo del Re conquistata e retta da Cercei Lannister, House of the Dragon presenterà la dinastia dei Targaryen e quindi i progenitori di personaggi come Jon/Aegon, Daenerys, Aerys Il Folle e gli altri che hanno legato una parte o tutto il loro fascino ai Draghi che erano parte integrante del loro casato.
Sappiamo anche che il duo di sceneggiatori David Benioff e DB Weiss non sarà coinvolto nel progetto: dopo aver annunciato inizialmente, a cavallo tra la sesta e l'ottava, ed ultima, stagione di Game of Thrones che sarebbero stati coinvolti nel progetto di rilancio di una nuova saga di Star Wars slegata dagli Skywalker con George Lucas, il duo ha invece siglato un accordo con Netflix di fatto abbandonando, al grido di "Il mio nome è Coerenza", il progetto. Difatti, recependo le stesse parole del duo di sceneggiatori:



In soldoni, è il caso di dirlo, Netflix ha pensato di accaparrarsi i due sceneggiatori che più l'hanno danneggiata nella corsa ai premi negli scorsi Emmy Awards e di sfruttare la curiosità, il "marchio" per così dire che accompagna questi due sceneggiatori.
Va detto che Benioff e Weiss finchè hanno avuto una traccia degli eventi di GoT grazie ai libri di Martin se la sono cavata in maniera a dir poco egregia, visto che la serie fino alla sesta stagione ha retto alla grande risultando decisamente avvincente, pur non essendo questa la sede per parlarne.



Tornando però alla serie House of the Dragon, essa verrà diretta dal regista Ryan Condal (noto per Colony, il più datato e tamarro Hercules-Il Guerriero con The Rock/Dwayne Johnson e il recente Rampage sempre con The Rock), il quale firmerà la sceneggiatura assieme allo stesso Martin: la serie, di circa dieci (10) episodi, narrerà le vicende della guerra civile che sconvolse la Casata Targaryen e, probabilmente, segnerà la sua caduta, spianando la strada a quegli eventi che vedranno unirsi quella nobile dinastia a Casa Stark.
Il tutto è basato sul libro Fire And Blood del 2019, il quale fungerà da "spina dorsale" per ulteriori vicende e sviluppi in modo, pare, da ricondurre queste vicende a quelle di The Dance of The Dragons.

Vi terremo aggiornati!

martedì 29 ottobre 2019

Parliamo di cose SerieTV - Hanna 1 stg - di David Farr, regia Sarah Adina Smith con Joel Kinnaman, Mireille Enos e Esme Creed-Miles





Bentornati a Parliamo di cose SerieTV, la rubrica col nome più semplice e meno complicato da ricordare del web (#credicidavvero). 
Quest'oggi si parla di Hanna, serie televisiva Amazon Prime Video che è stata messa a disposizione  per intero dallo scorso marzo e che rappresenta un differente sviluppo dell'omonimo film del 2011: sviluppo che si rivela essere peculiare, non solo per il cast differente - nel film figuravano Cate Blanchett (Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit, The Aviator, Elizabeth, The Danish Girl, Il curioso caso di Benjamin Button, Cindarella, Thor Ragnarok e dozzine di altri) ed Eric Bana (l'Hulk del 2008, The Castle/Il Castello, Black Hawk Down, Troy - in cui interpretava Ettore - The Dry e molti altri) quanto perchè ovviamente sfrutta il maggior minutaggio a disposizione per sviluppare i personaggi e i loro rapporti interpersonali: da quello padre-figlia tra i personaggi di Hanna ed Erik Heller a quello più peculiare che univa Heller stesso alla Wiegler, che era a capo del "progetto" Utrax.








Cast e ruoli
Il cast è composto da volti familiari ma non necessariamente di primissimo piano, com'è costume nelle serie televisive, oramai: Mireille Enos, nota per "Someone like You/Qualcuno come te", "Gangster Squad", "World War Z", "Devil's Knot" e "The Captive", per citare i principali film, interpreta Marissa Wiegler ruolo che nel film era stato affidato alla decisamente più famosa e indiscutibilmente più brava, Cate Blanchett, mentre Joel Kinnaman, già Alex Murphy nel RoboCop del 2014 (se ne parlava qui se foste cosi gentili da cliccarci sopra) ed interprete in Child 44, Suicide Squad e The Informer, e comprimario con la Blanchett nel film "The Killing", è Erik Heller, precedentemente interpretato da Eric Bana; quanto poi alla protagonista si è optato per la quasi esordiente Esme Creed-Miles che interpreta Hanna, ruolo coperto in precedenza da Saoirse Ronan: scrivo "quasi esordiente" sebbene la sua prima prova risalga al 2007 in Mister Lonely, seguito poi da un ruolo in Dark River e numerosi altri film indipendenti.
Nonostante questi confronti potrebbero sembrare impietosi, l'adattamento della serie televisiva regge abbastanza e gli attori, scelti per i vari ruoli, sono decisamente in parte e ben calibrati.
In particolare, la Esme è risultata veramente magistrale nell'interpretazione di Hanna, ruolo al quale si è preparata sottoponendosi ad un severo programma di allenamento alle arti marziali per sei ore al giorno per un mese e cercando di penetrare il più possibile nella psicologia del personaggio, offrendo una performance di gran pregio in cui non si dubita mai della genuinità delle emozioni che ella lascia trasparire, complice uno sguardo davvero espressivo e un volto particolarmente genuino: dove Saoirse Ronan ha fatto sicuramente un lavoro apprezzabile complice una fisicità ed uno sguardo particolarmente intensi, il maggior minutaggio, nonchè una sceneggiatura che ha permesso approfondimenti sociali e psicologici più frequenti e costanti, specie nelle parti in cui Hanna si relaziona ai suoi coetanei, hanno giovato maggiormente alla Esme ed il risultato è un personaggio sicuramente più complesso, scollegato maggiormente dalla realtà e con molte più sfaccettature di quelle che si potessero inserire o suggerire, semplicemente, nel film.


Joel Kinnaman è un Erik Heller con frequenti espressioni da pirla.

La differenza qualitativa, invece, l'hanno fatta la regia e la sceneggiatura per il film del 2011: Joe Wright e Seth Lochhead, non esattamente gli ultimi arrivati, hanno saputo reggere meglio il ritmo che, ben condensato nel minutaggio forzatamente limitato di un film, funziona decisamente in modo più efficace rispetto alla serie televisiva che giocoforza ha degli alti e bassi dovuti al fatto di dover, in soldoni, allungare il brodo spalmando su più di 360 minuti circa quanto mostrato nei 111 del film.
Ciò che forse è risultato ancora più apprezzabile, interpretazioni a parte, sono le location scelte per girare molti degli episodi: Ungheria, Slovacchia, Spagna e Regno Unito oltre che il porto di Almería e in quello di Estación Intermodal; e questo risulta ancora più piacevole perchè la regia e la fotografia riescono a calare lo spettatore nel meglio e nel peggio che queste città hanno da offrire, dando un taglio realistico e da spy story, un po' alla Nemico Pubblico, a questo prodotto.
Al contempo, tuttavia, si assiste a frequenti cambi che alle volte sfasano la percezione dello spettatore, "sbattendolo" da un lato all'altro del mondo senza alle volte riuscire ben a seguire il come ed il perchè accadano: non che la storia sia difficile da seguire, ma questo, mescolato ai frequenti flash-back, può costituire un senso di straniamento tale per cui alle volte ci si chiede se siano esigenze di reale natura registica e di sceneggiatura o solo esercizi di stile.

Esme Creed-Miles, la castana qui sopra, e Saoirse Ronan dai biondi capelli


Hanna: cosa mi ha convinto e cosa no ... e perchè guardarla comunque.

A voler fare per forza quelli che offrono un voto, la serie si attesta ad un sei e mezzo sette, giusto per dare pane ai troll che vedono un voto e si scagliano su di esso come un toro farebbe verso un drappo rosso.
Il punto è che la serie ha tante cose positive, ma anche diversi lati negativi: per cominciare, è molto lenta: questa è la principale critica che è stata mossa, e personalmente la condivido. Pur amando moltissimo i prodotti di questo genere che si prendono il proprio tempo legittimo per narrare una storia, qui lo sviluppo è molto discontinuo, altalenante - passando da momenti frenetici ad altri decisamente soporiferi- ma nel complesso poco sostenuto.
Le parti da "teen drama", quelle che vedono Hanna a contatto con i propri coetanei, in cui lo spettatore rimane attento pensando "chissà cosa succede, chissà cosa succede" sono, senza giri di parole, una palla pazzesca.
La estraneità di Hanna dalla società odierna e da come si comportano i suoi simili traspare molto poco, e questo dipende dalla scrittura del personaggio e non certo dalla interpretazione di Esme Creed-Miles che come detto merita diverse lodi: quanto si vede sposta di pochissimo la trama in avanti e si, cementa il rapporto di Hanna con una persona in particolare, ma in soldoni annoiano.

I due attori funzionano ottimamente, a dispetto di qualche mia battuta.

Il fascino di Hanna, di questa specie di Nikita in miniatura, risiede nel fatto che è stata allenata per tutta la vita, addestrata come si farebbe per forgiare una giovane spia - un qualcosa che richiama ai fan della Marvel la Vedova Nera e la famigerata Stanza Rossa anche se molto meno traumatica e orribile - risiede nel fatto che il suo potenziale non viene svelato, e ci si aspetta sempre che accada qualcosa di particolare.
Ma il problema è che arrivati a venti minuti dalla conclusione dell'ottavo, e per adesso ultimo, episodio, questo potenziale non si rivela mai.
Sappiamo che i bambini come lei erano stati sottoposti a esperimenti, ma a che pro? In cosa questa manipolazione genetica dovrebbe aver contribuito a creare dei supersoldati o qualcosa di simile?
In sostanza, quali capacità superiori sono state trasmesse ai giovani del progetto Utrax?
Tutto questo resta molto fumoso, poco approfondito e pur non desiderando spiegoni...  ammetto che qualcosa va dato, alla fine, allo spettatore, una qualche rivelazione va fatta per tenere il fiato sospeso e viva la curiosità sulla seconda stagione.
Nulla di questo accade, purtroppo, e la conclusione è davvero poco ricca di intensità: pathos ed azione quanto ne volete, ma sostanza, insomma, poca.
Si concludesse così, la serie, senza sapere che giungerà una seconda stagione, non avrei problemi a definire il tutto una grande delusione o, citando l'opera di Dickens, "Grandi Speranze".

Mireille Enos è una ottima Marissa Wiegler


Nonostante questo, la serie non viene da me bocciata sia perchè è intrattenimento spiccio, sia perchè è ben recitata, coreografata e ambientata in posti molto piacevoli da ammirare, calando il contesto in luoghi realistici.
E' una buona serie, con molti momenti alti e concitati e diversi altri parecchio lenti - ma magari sono gusti, eh - ma nel complesso è abbastanza valida e getta le basi per seguire la seconda che arriverà su Amazon Prime Video nel 2020

martedì 22 ottobre 2019

Fantasy News: Netflix vuole togliere la condivisione degli account ?!?! Maccheddavero?



Il colosso dello streaming legale pare abbia intenzione di rimuovere la condivisione dell'account tra più persone, proprio quello che era il punto di forza e, diciamolo, l'elemento appetitoso che invogliava a sottoscrivere un abbonamento mensile che, nella sua forma più efficiente e ottimizzata, comporta comunque un esborso notevole. Ma che senso ha questa manovra? E perchè?
Andiamolo a scoprire! (Immaginate la voce di Gerry Polemica)



guidaci, o Vate, nella ricerca della Verità

Netflix, arrivata in Italia nel 2015, è da allora il principale punto di riferimento per chi si è affacciato solo di recente alla realtà dello Streaming, scoprendo cosa significhi poter avere a disposizione un "palinsesto", una offerta ampia, in costante evoluzione, che garantisca accesso a contenuti in larga quantità e di alta qualità: non è un caso questa elisione, perchè si è parlato di recente di come il Capostipite stia venendo superato da altri competitors quali Amazon Prime Video su tutti, che offre moltissimi contenuti interessanti ad un prezzo decisamente più abbordabile; non è certamente un caso quello che ha spinto Netflix ad indebitarsi di altri DUE MILIARDI di dollari per produrre contenuti nuovi, considerando la tendenza che ha a tirare fino allo sfinimento serie ottime che però pur latitando vengono rinnovate per sfruttare il fandom consolidato: La Casa di Carta, arrivata alla 4° stagione e già rinnovata per la 5° ne è un esempio, ma anche Tredici/13 Reasons Why sono solo esempi famosi di serie tirate per le lunghe. I due miliardi famosi, per inciso, sono stati deliberati per la seconda volta nel 2019 segno che Netflix desidera crearsi già delle alternative e degli strumenti per evitare l'emorragia possibile di iscritti che è verosimile ci sarà quando le nuove piattaforme, tra cui Disney+ e Apple+ arriveranno concretamente sul mercato: non a caso, l'impensabile accordo tra il colosso e Sky per una partnership congiunta e un pacchetto che permetta con poca differenza di costo di sottoscrivere Netflix per i tesserati Sky e viceversa va letto e considerato un altro mezzo con cui solo unendoti ad un avversario puoi fronteggiare un nemico comune ed è anche per questo che sono stati di recente presentati pacchetti economici per vari paesi, come l'India, a tre euro al mese per i soli dispositivi mobili, e si sta pensando di fare lo stesso con altri paesi aventi economia similare.
Difatti, si legge "[...]because we think there are other markets which has [sic] similar conditions that make it likely that that's going to be successful for us there as well." (perché pensiamo che ci siano altri mercati che hanno [sic] condizioni simili che rendono probabile che avrà successo anche per noi.) (fonte: Androidpolice).





Ma come mai ora Netflix vuole ridurre o monitorare la condivisione degli account?
Sembra incredibile, ma Netflix si è accorto che FORSE, dato il costo non proprio a buon mercato per un pacchetto completo - circa 16 euro al mese, comunque assai meno di ciò che Sky costa oggi giorno ma una enormità se paragonato ad Amazon Prime Video (36 euro ANNUI compresi i servizi di spedizione di Amazon Prime), le persone hanno la tendenza a sottoscriverlo, si, ma a condividere l'account con altre persone di famiglia o fuori dalla famiglia: che stranezza, vero (potete immaginare un tono ironico e sarcastico insieme)?

La cosa bizzarra è che il metodo di penetrazione del mercato da parte di Netflix, prima Oltreoceano e poi qui da noi, era proprio quello di condividere l'account e dividere le spese, avendo così accesso ad una offerta piena e soddisfacente con un costo tutto sommato irrisorio.
Il punto è che però sfugge forse a Netflix che non tutti hanno sempre e comunque nel proprio nucleo familiare ben 4 teste/account da condividere: per gente normale che lavora è difficile che fuori di casa si possa utilizzare il proprio smartphone per seguire le serie preferite - certo, capita alle volte di vedere chi passeggia con la testa china sul telefono perchè segue un episodio rubando i minuti di visione tra una fermata del pullman ed i cento, centocinquanta metri che separano dal posto di lavoro; ma, restando nei grandi numeri, ecco, non capita spesso. 
Quindi, di solito uno o due account massimo, in una famiglia, bastano e avanzano.
Ciò spiega il perchè in tanti si trovino a condividere account e spese con amici o parenti fuori dal nucleo familiare che, invece, apparentemente per Netflix voleva essere il fulcro dell'offerta (forse Netflix ama la famiglia tradizionale?).
Tuttavia, laddove per una singola famiglia il costo di 16 euro può essere un problema, se sommato alle numerose altre spese presenti (o magari altre piattaforme di streaming presenti o future- di nuovo, Disney+), 4 euro a famiglia lo sono magari di meno se diviso con altri tre dispositivi o device di uso domestico in altrettanti nuclei familiari.
E non dimentichiamo che se per caso fosse necessario avere un quinto od un sesto account per altrettanti devices, ci si troverebbe a dover sottoscrivere una nuova offerta e questo farebbe levitare tantissimo i costi.
Va anche precisato che si parla sempre di flussi simultanei nel numero da 1 a 4, giusto per dire le cose come stanno.


In questo senso, Amazon Prime Video gioca su di un altro pianeta: non solo contenuti interessanti o comunque famosi - Fear The Walking Dead, The Widow, The Boys, The Terror, The Man in High Castle e dozzine di altri- ma un account libero di essere usato da chi vuole
Nonostante questo, paradossalmente, APV soffre meno il problema della condivisione "libertina" dell'account di Netflix: perchè? 
Perchè, semplicemente, essendo compreso anche l'abbonamento alle spedizioni Amazon Prime, ed impiegandolo le persone per i propri acquisti, con documenti finanziari di pagamento spesso già caricati e pronti all'utilizzo, la gente è meno propensa a condividere il proprio account con altri familiari, amici, terzi in genere. 

Certo che se poi i soldi si spendono per un adattamento italiano mediocre...


Ora: al di là del fatto che Netflix resta comunque una realtà consolidata e "sana", visto che ha registrato un boom di ricavi (1,47 dollari ad azione contro 1,04 stimati lo scorso mese) e che alcune delle sue serie sono capisaldi visti da decine di milioni di spettatori - una su tutte, Stranger Things, oltre 60 milioni di persone- e che resta da vedere come si svolgerà questa Guerra tra gli Streamers sempre più avvincente, è pur vero che il fenomeno della condivisione dell'account fuori dalla propria famiglia, vietato dalle norme contrattuali, è diventato per Hastings & Randolph, i due founder, un considerevole problema visto che più condivisioni significano, banalmente, molti meno ricavi ed anche un problema di immagine, all'alba della concorrenza da parte degli altri competitors già cità.
A leggere tra le parole nel comunicato, il cui video trovate qui sotto, la soluzione che Netflix vorrebbe adottare dovrebbe essere "friendly", amichevole, per gli utenti: l'idea è quella di controllare, probabilmente tramite IP, l'origine del flusso di dati di streaming e bloccare quelli che giungono da altre fonti, il che però potrebbe essere più facile a dirsi che a farsi.



E voi che ne pensate? E' una manovra giusta? E' qualcosa di sensato o rischia di diventare un boomerang che tornerà in faccia a Netflix causando una emorragia di abbonamenti?

lunedì 21 ottobre 2019

Clio, la Paladina di Lathander: come un personaggio inventato acquisisce vita...e voce.




Una prova splendida di doppiaggio data da una utente di una land online dove giocavo.
Ove l'utente si riconoscesse potrà sempre contattarmi ed inserirò il suo nome nei credits.
Il personaggio, una paladina di Lathander redenta dal male, era saffica: dolce, gentile, "un dolce sogno" come la definì una utente all'epoca e "un sogno proibito" per una player che la trovava davvero ben riuscita.
Inutile nascondere peraltro la mia soddisfazione in merito per aver dato vita ad una persona, più che un personaggio, in un grande mare di niente.
#lgbt #saffica #amore #dungeonsanddragons #paladina #lathander #giocodiruolo #doppiaggio #vocefemminile #clio #cliodilathander


Se fosse argomento di interesse potrei approfondire riportando il background ed aneddoti di interesse. 





Di seguito alcune immagini tratte dalla sua scheda di personaggio.
Come sempre le immagini sono dei rispettivi proprietari.


la modella Jenna Burnham fungeva da prestavolto... e prestacorpo

giovedì 17 ottobre 2019

Joker di Todd Philips con Joaquin Phoenix


Dato siamo ispirati, oggi, ecco un paio di minuti di immagini con un montaggio musicale della colonna sonora di Hildur Guðnadóttir che posso scrivere così in scioltezza grazie al copia/incolla, sempre sia lodato u.u



mercoledì 16 ottobre 2019

VistoIeri - Joker di Todd Phillips e Joaquin Phoenix (con spoiler)






 


A VistoIeri, quest'oggi (suona abbastanza male, lo ammetto), si parla del Joker del regista Todd Phillips interpretato da un superbo Joaquin Phoenix: se ne parla giusto perché non ne hanno parlato tutti quanti, comprese persone che in un loro blog o canale youtube non si occupano di film pur desiderando una manciata di views in più.
No, no (ironia). 
Comunque, ne parlo anche io, oggi, giusto perchè magari manca quel 10% di persone in scala mondiale che ancora non sa nulla di questa pellicola.

Tornando a noi: Todd Phillips, regista che ho nel cuore per la trilogia di Una Notte da Leoni, ha fatto qualcosa di apparentemente impossibile, creando un così grande, meraviglioso film al punto che le etichette sembrano star poco bene addosso: è un noir ed è un thriller dal risvolto psicologico, ha componenti dell'horror eppure della commedia.
E' JOKER, il film che ha fatto ricordare alla platea dei "beneinformati" quanto fosse bravo, pur dicendolo io da anni, Joaquin Phoenix, un attore che da tutto, tutto, per qualsiasi ruolo che interpreta: non a caso, di recente, si è quasi demolito la carriera partecipando ad un progetto particolare in cui sembrava l'attore stesse dando di matto in varie situazioni e contesti, finchè non si è scoperto tutto fosse parte di uno specifico progetto.
Un attore che ho visto in grado di commuovere recitando nel bellissimo Her con (la voce di) Scarlett Johansson ad interpretare l'intelligenza artificiale di cui si innamorava, di farsi odiare interpretando Commodo ne Il Gladiatore con Russel Crowe giusto per citare i più noti e, più in generale, di essere semplicemente bravo.

Va detto che, in passato, l'attore era stato avvicinato per ruoli nell'ambito dei cinecomics: era stato difatti contattato per interpretare il dottor Bruce Banner/Hulk, dapprima, e poi il dottor Stephen Strange, ruolo andato a Benedict Cumberbatch. Nonostante le offerte lusinghiere, solo il ruolo di Arthur Fleck/Joker sembrava essere di suo gradimento, perchè, a detta dell'attore esso è "unico" e non sembrava quello di un "tipico film di una grande produzione"; inoltre, il plus vero e proprio stava nel fatto che non lo avrebbe obbligato ad apparire in sequel e altri film correlati lo poteva confortare maggiormente nel dare una performance di quelle che sono, per così dire, quelle di una vita. Non a caso, Joaquin Phoenix per interpretare il ruolo ha perso 24 chili e, ammetto, si vede parecchio visto il fisico esile eppure scattante e muscolare, nervoso e scavato, che mostra nel film.
La cosa senz'altro ironica, degna del Joker, è proprio che a ripensare alle reazioni del pubblico di alcuni mesi fa non si potrebbe essere più agli antipodi, chiaro segno della massificazione delle opinioni da social network: laddove oggi la gran parte elogia a gran voce la performance di Phoenix, i costumi e l'ambiente, la mia memoria ben ricorda le risate, i meme e le prese in giro al look del protagonista, il concept design, finanche l'idea stessa alla base di questo film.
Come sempre, in internet e più nello specifico nei social, la coerenza la fa da padrone.


Il primo concept del personaggio incontrò l'ilarità della rete: oggi, invece...


In questo film, collocato nella Gotham City del 1981, per quanto sia palesemente la New York degli anni 60/70, con edifici fatiscienti, immondizia e un "cuore di tenebra" nella popolazione, l'attore interpreta Arthur Fleck, un uomo con gravi problemi: affetto da una risata nervosa figlia di un disturbo mentale, incapace a relazionarsi positivamente se non soltanto la propria madre alla quale però è costretto a badare e costretto a vivere in una situazione economica e lavorativa pessime. L'assenza di fiducia in sè stesso, complice le sue bizzarrìe, lo porta anche ad avere difficilissimi rapporti interpersonali e a non sapersi difendere anche, e soprattutto, quando la ragione sarebbe dalla sua parte: gli scoppi di rabbia che alle volte appaino, come quando egli prende a calci ripetutamente i bidoni dell'immondizia, ne sono un esempio lampante. Dalle ceneri di questo personaggio, tuttavia, emergerà il Joker, il Clown Principe del Crimine.

Citando un episodio di The Big Bang Theory, questo film incarna il celebre "gatto di Schrödinger", ma lo dico con una valenza positiva. 
E', ed al contempo non è, un cinecomics perchè si potrebbero anche sostituire i nomi di personaggi e di luoghi, eppure la storia funzionerebbe ugualmente; è un film di origini eppure è anche una summa di ricordi che potrebbero essere frutto delle fantasie di Arthur; è un noir eppure è anche altro.
E' un film joaquinphoenixcentrico, nel senso che tutto, proprio tutto, è sulle sue spalle: in un certo senso, è come se avessero consegnato all'attore le chiavi della produzione, dandogli carta bianca e basandosi sul seguire passo passo ogni sua movenza, espressione, sospiro. Primi piani, sequenze, momenti di solitudine, vita privata, ogni cosa porta lo spettatore a seguire costantemente ciò che questo Arthur Fleck compie, in attesa costante che la follia si liberi, e che nasca forse il personaggio più iconico, malato, malvagio e eterno, che i comics ci abbiano regalato.
Pure, è palese che il film possa assomigliare ad una graphic novel, un albo singolo slegato dalla continuity, una sorta di esperimento, di progetto isolato, che proprio per questo osa tutto quello che può e può tutto quello che osa, libero dalle logiche di possibili sequel come del doversi incastrare in qualche time-line o altra opera precedente o in divenire.
Una sorta di The Killing Joke con attori in carne ed ossa, senza Batman, con le origini del villain.
L'interpretazione di Joaquin Phoenix resta superba, magistrale, e priva di qualsiasi calo per tutta la pellicola: per tutto il tempo non si dubita mai di guardare un disagiato, una persona mentalmente disturbata, che è anche repressa e la cui violenza, dentro, attende solo l'occasione per esplodere.
Quanto a Todd Phillips, la sua regia è stata eccezionale: i rimandi a Scorsese, quali Taxi Driver e Re per una Notte sono evidenti anche a chi abbia solo una infarinatura del genere, mentre gli stessi omaggi/citazioni ad altri film in cui il Joker è apparso, dai Batman di Nolan fino a quello della serie degli anni '60 di Caesar Romero (specie la risata ed il vestito adottato da Arthur alla fine) si sprecano.


Ridere pur volendo piangere disperatamente: difficile non emozionarsi. 


Incassi e Giudizi del "grande" pubblico.


Costato circa 55 milioni di dollari, il film ne sta incassando uno sproposito: 543 milioni di dollari in tutto il mondo il 14 ottobre, mentre ad oggi, 16 ottobre, siamo già a 556 milioni (fonte Box Office Mojo); in Italia ha già superato invece i 15 milioni di euro (fonte: Ansa).
Nonostante queste cifre, le polemiche non si sono fatte attendere: difficile dire se queste siano anche la causa di valutazioni così discordanti su Rotten Tomatoes, sito che vale quel che vale, beninteso, ma mostra comunque il curioso dato del 63% di preferenze da parte di recensori effettivi e un 89% di gradimento del pubblico: Black Panther, un film decisamente sopravvalutato da qualsiasi parte la si veda, per esempio mostra un 97% e un 79%, rispettivamente; lo stesso Her, un altro film di Joaquin Phoenix ed uno dei miei preferiti, mostra un 94% e 82% , Taxi Driver 98% e 93%, Avengers Endgame 94% e 91%
Questi dati possono significare qualcosa? 
In effetti, no, almeno in senso assoluto, ed è questo il problema: i voti sono numeri, sono una determinazione in scala di 3, 5, 10, 100 punti che racchiudono il tutto ed il niente. Questo riporta alla soggettività ed alla percezione differente da parte dello spettatore di Catanzaro o di New York o di Parigi o di Copenaghen di una pellicola o, nello specifico, essendo tutto incentrato sulla sua performance almeno all'90%, sull'attore: non ho difatti memoria di una singola scena in cui l'attenzione si spostasse su altri personaggi o comprimari. Si potrebbe dire che più che il film di Todd Phillips, questo sia il film di Joaquin Phoenix e che il Leone d'Oro, a Venezia, avrebbe dovuto ritirarlo lui.
E' difficile scindere il film, Joker, dal personaggio, il Joker: bella forza e ovvietà, direte.
Ma il punto è che non è frequente che ci sia in scena un protagonista che sia così ingombrante, in senso buono, al punto che tutti gli altri personaggi sembrino, realmente, un contorno, una semplice contestualizzazione per spiegare il come o il perchè.
Ecco, quindi, che giudizi negativi o non eccezionalmente alti in patria come invece accade qui da noi generalmente assai più positivi in senso generale, possono dipendere da una questione di percezione: qui in Italia, o in Europa, rispetto all'America.

Le critiche, le paure, i giudizi negativi

E' noto che in America reperire un'arma da fuoco sia poco più complicato che comprare qui in Italia in una discoteca acidi ed altro materiale per "sballarsi", virgolette d'obbligo, perchè non è certo pratica che approvo; così come è quotidianità per moltissimi americani mandare i figli a scuola, persino alle elementari, con il giubbotto antiproiettile sotto la camicina o la divisa.
Tanti, troppi episodi di violenza che culminano con molti morti, spesso decine, ci giungono alle orecchie: ma, come sempre accade, di sicuro sono solo una parte degli episodi che realmente raggiungono i media internazionali, visti i casi di aggressioni, minacce a mano armata, bianca o da fuoco, episodi di bullismo e tanto altro che ci sembrano normali, lontani e "così è", almeno finchè non bussano alle porte di Casa nostra.



Ora, la memoria ci fa anche rammentare che nel 2012, ad Aurora, in Colorado, un ragazzo disturbato, durante la proiezione de  Il Cavaliere Oscuro Il Ritorno - il terzo episodio della trilogia di Nolan - prese ad esempio il puro caos incarnato dal Joker interpretato da Heat Ledger e fece una strage in uno dei cinema.
Ad dirla tutta, il "folle", di nome James Holmes era un ventiquattrenne dottorando di neuroscienze, quindi non esattamente il tipico individuo che si immagina avere bava alla bocca, zero cultura e solo una insana passione per le armi e la violenza, anzi era uno studente "top dei top": eppure, dodici persone sono morte in quella strage; sempre per dare veridicità agli episodi, il killer era appassionato di supereroi, il che non significa sia stata quella la molla che l'ha deviato, altrimenti andrebbe detto che quasi tutti i killer giovani sono stati deviati da Dungeons & Dragons, visto che in America almeno due ragazzi su tre ha giocato a D&D una volta nella vita: semplicemente, non c'è bambino che non cresca col mito dei supereroi o provando il fascino dei supercattivi.

Per quanto sia facile per me dire che è impossibile definire come funziona una mente che non funziona, e che per chi sia deviato o malato basti una qualsiasi occasione per far scattare la molla, innescare la scintilla di follia, pure in questo caso forse, FORSE, posso comprendere il perchè della paura e dei timori.


Il Joker di Joaquin Phoenix è un personaggio che pur disturbato e palesemente bizzarro, resta almeno inizialmente in un limbo, e riesce finanche a suscitare simpatia se non commozione: non sembra del tutto malvagio, anzi, appare come qualcuno che voglia integrarsi con la Società, e sia da questa spesso preso a calci, nemmeno metaforicamente, rendendo di fatto la sua una sorta di "vendetta", visto che poi che le sue vittime sono, almeno inizialmente, persone che gli hanno fatto male o dei torti: tre persone che lo picchiano nella metropolitana, l'ex collega di lavoro, la madre stessa e infine il presentatore televisivo che lo irride e che per lui, nella sua concezione, era quasi un padre, essendo stata una figura positiva che seguiva da che avesse memoria (ricordiamo anche, ad inizio film, quella sorta di sogno ad occhi aperti in cui il personaggio di Robert De Niro, Murray Franklin dice ad Arthur che avrebbe voluto avere un figlio come lui). 
Intendo dire che è difficile non dispiacersi per lui e l'empatia che si prova verso il personaggio e la sua vita è molto forte.
E' una persona, Arthur, che non sa quasi più distiguere menzogne da verità, deliri veri e propri rispetto a semplici sogni ad occhi aperti: non sa più chi sia e  se sia vero ciò che la madre ha riferito circa la propria relazione con il dottor Thomas Wayne. Si trattava solo della follia di una mente disturbata oppure di una verità, forse l'unica, espressa in un momento di rara lucidità? La stessa relazione "immaginaria" con la vicina rappresentava in fondo l'evasione, la ricerca di normalità in una vita che non aveva niente di niente per lui, per la sua (ricerca della) felicità: vicina che, è probabile, faccia una gran brutta fine assieme alla figlia.
Tornando al concetto di prima, attenzione alle parole, la serie di morti che il personaggio di Phoenix realizza, appaino quasi "giustificate". Quasi, di nuovo, attenzione, "giuste".
Per quanto sia pericoloso usare il termine giustificare, in un contesto simile.

L'Anarchia involontariamente scatenata da Arthur, oramai il Joker.


E quindi è proprio questa facilità con cui si riesce ad empatizzare con il personaggio di Arthur/Joker, a costituire anche la reale paura che circola in America: laddove il Joker di Heat Ledger fosse palesemente un mostro, il risultato di non si sapeva bene quali circostanze ed episodi della sua vita che venivano ogni volta rinarrate in forma differente in un chiaro omaggio a The Killing Joke, quello di Joaquin Phoenix mostra la trasformazione, la discesa all'Inferno, le cause e le circostanze che, pur se non uniche o definitive nel precipitare nella follia un personaggio comunque non positivo come quello interpretato, pure "spiegano" e "giustificano" il perché ed il percome egli si sia trasformato in Joker.
"Ho avuto una brutta giornata", dice Arthur/Joker, alla sua vicina, una volta che si è introdotto in casa di lei realizzando che anche la loro storia di coppia fosse un sogno ad occhi aperti più che una allucinazione, una sorta di dolce illusione per trovare conforto: un altro riferimento a The Killing Joke, in cui il clown principe del crimine asseriva che fossero sufficienti una serie di circostanze, che componevano "una gran brutta giornata", per trasformare anche la persona più equilibrata, in un folle.
Tuttavia, mentre nel celeberrimo albo di Alan Moore l'esperimento di Joker falliva, dando dunque anche al lettore una risposta "positiva" sul fatto che, NO, non fosse sufficiente questo, ma essere anche propensi a lasciarsi andare al male, per così dire, visto che il Commissario Gordon non impazziva, qui manca in toto una risposta confortante in questo senso..
Nel film di Phillips l'unico punto di vista che appare è che le circostanze, la società, l'insieme di fattori che una crudele roulette russa ha mescolato, portano una persona ad impazzire, laddove in un altro contesto, con altro aiuto e presenza di calore umano, magari no, nonostante sia abbastanza chiaro sin da subito che il personaggio di Phoenix non sia positivo. 
Certo, tutto questo viene visto dal punto di vista di Arthur/Joker, quindi è la sua interpretazione della vita, è la sua visione di come il mondo appare: fatti, senz'altro, da una parte, ma anche circostanze, dall'altra. Ma è anche quella che ha lo spettatore, che si trova a chiedersi cosa fosse reale, e cosa no, quando scopre ad esempio che la vita di coppia con quella vicina fosse solo un dolce sogno, o che non avrebbe potuto sapere mai con certezza se lui fosse o meno il figlio di Thomas Wayne che aveva da uomo potente qual'era falsificato i documenti sulla sua presunta adozione.

Robert De Niro: citazioni, omaggi, ed una presenza mai ingombrante.


La verità, purtroppo, è che si può dire tutto ed il contrario di tutto.

Un film è un film, e condannare una forma di arte del genere non porta comunque a nulla, un po' come quando capitava in passato di demonizzare fumetti, musica rock, film violenti.
Joaquin Phoenix ci ha regalato una interpretazione magistrale, sentita, profonda, introspettiva ed è riuscito con un lavoro maniacale su sè stesso a sentire, e fare proprio, il dolore stesso del personaggio; una interpretazione che gli potrebbe valere l'Oscar, ovviamente al netto dei giudizi del "politicamente corretto" che l'Academy mette sempre davanti alle proprie scelte (ricordiamo, Black Panther, finanche nella media rispetto al genere supereroistico, ha ricevuto 3, dico 3, Oscar).
E' possibile che il film venga bistrattato oppure riceva i riconoscimenti che merita, in quella sede: staremo a vedere, specie dato che alcuni membri hanno espresso pareri non proprio lusinghieri sulla pellicola.

Ma, almeno noi come pubblico, credo abbiamo il dovere di guardare questo film per rispetto a Todd Phillips e a Joaquin Phoenix e per l'incredibile lavoro svolto.
Specie per dimostrare che, anche noi come il Commissario Gordon, non impazziamo solo per una "brutta giornata"... o per la visione di un film.

martedì 15 ottobre 2019

Parliamo di cose SerieTV - The Terror 1 stg - di Ridley Scott, Dan Simmons, David Kajganich







Nel 1845, due navi della Royal Navy lasciarono l'Inghilterra per scoprire un passaggio navigabile attraverso l'Artico. Erano le navi più tecnologicamente avanzate di quei tempi.  L'ultima volta vennero avvistate da alcune baleniere europee alla Baia di Baffin in attesa delle giuste condizioni per entrare nel Labirinto Artico. Entrambe le navi scomparvero
(Introduzione alla prima puntata della serie.)




Nome: The Terror (prima stagione) The Terror - Infamy (seconda stagione)

Dove: Amazon Prime Video
Stagioni: 2, slegate tra loro (in corso)
Episodi: 10 per la prima stagione, 9 per la seconda stagione
Durata: dai 42 ai 56 minuti circa



The Terror è una serie televisiva che ho scoperto quasi per caso: dopo essere stata diffusa sulla AMC, una nota rete televisiva statunitense che ha regalato perle come Mad Men, Braking Bad, The Walking Dead, Better Call Saul, The Preacher e Into the Badlands, è approdata su Amazon Prime Video che l'ha per un certo periodo proposta tra i titoli in primo piano.

Va detto che le serie televisive di stampo storico sono al contempo mia croce e delizia: da una parte adoro veder ricostruiti ambienti, usi, costumi, abitudini e stili di vita (anche poco apprezzabili), dall'altra se si conosce la storia si sa già cosa accadrà, specie ad alcuni personaggi.

Confidando nella clemenza di chi legge, confesso già la mia ignoranza degli eventi che la prima stagione narra, e che mi ha però aiutato a godermi subito il viaggio, specie perchè per fortuna non ero a bordo di quelle navi. Ma di cosa tratta la serie, esattamente?


                         


Sinossi: a metà tra leggenda e realtà.


Prodotta da Ridley Scott, il che già vuol dire qualcosa, The Terror è una serie storico antologica dalle tinte horror, il cui nome gioca su di un elemento specifico, il nome di una delle due navi, La Terror, appunto (che, voglio dire, già il nome non lasciava granchè presagire bene), che assieme all'Erebus (ok allora ve la cercavate, eh, con sti nomi) faceva da ammiraglia nel difficilissimo e allora ancora non realizzato tentativo di trovare un "Passaggio a Nord- Ovest", da cui anche il nome della trasmissione di Alberto Angela, che permettesse di attraversare l'Artico.
Le navi erano guidate dal Comandante sir John Franklin e dal Capitano Francis Crozier che era anche Comandante in seconda: nell'inverno del 1845 finirono per incagliarsi tra i ghiacci dello stretto di Vittoria, nell'artico canadese e da allora, nonostante le numerose spedizioni successive di salvataggio, non se ne seppe più niente.
Fin qui, c'è poco da dire: siamo stati per mare già lungo le rotte impervie di Master & Commander, un bel film che doveva far parte di uno sfortunato progetto di serializzare delle pellicole a tema avventura & navigazione, un progetto naufragato (ehm...) dopo solo il primo capitolo, con Russel Crowe e che personalmente apprezzo e rivedo sempre volentieri. 
Progetto che, la Storia insegna, invece è andato a gonfie vele (battutona) con la serie di Pirati dei Caraibi, nato come film per sponsorizzare il parco divertimenti Disney omonimo e divenuta un forziere (...) quasi inesauribile di denaro per la Casa del Topo: ma non divaghiamo, e restiamo sulla Terror e Erebus (col cavolo!).


Una spedizione attraverso l'Artico, in terre inospitali e con ghiaccio che rende quasi impossibile la navigazione: inoltre, fin dalle prime battute del primo episodio ci viene già chiaramente detto che le due navi sono scomparse, e che i rispettivi equipaggi sono morti, ammazzando la sorpresa.
Tuttavia, le condizioni estreme e proibitive, il fascino sia pur sinistro delle lande del ghiaccio eterno e una componente soprannaturale che resta a margine rispetto ai reali problemi di due navi e 129 uomini bloccati tra i ghiacci danno alla serie un terribile quanto crudo e realistico taglio, spingendoci a seguire questi uomini lungo la rotta della loro distruzione.
Ma dovuta a cosa?

Ciaràn Hinds e Jared Harris in una scena della serie

La storia, ricostruita in parte dal romanzo di Dan Simmons da cui essa è tratta (La scomparsa dell'Erebus), scrittore che è anche uno dei produttori esecutivi della serie, si prende molte libertà, ovviamente, pur essendoci testimonianze, prove e tracce di diversi aspetti successivamente ampliati, sviluppati o solo romanzati dallo scrittore: in particolare, si narra di come le due navi si siano trovate incastrate tra i ghiacci, impossibilitate a muoversi e gli equipaggi costretti a vivere in quei luoghi per più di due anni, tentando poi la salvezza per altre vie. Purtroppo però, le parti più crude di quella storia, nonchè il modo e lo stile di vita adottati per sopravvivere specie nelle ultime fasi di quel viaggio, sono tristemente vere.









The Terror: perchè vederla.

In un mare di poche idee (ok, la smetto con i doppi sensi), questa serie televisiva si prende tremendamente sul serio: avendo il conforto di una storia tragica e di una serie di testimonianze e prove successive, comprese le autopsie sui corpi rinvenuti in seguito conservati a causa delle condizioni terribilmente rigide, oltre che di essersi svolta in luoghi pressochè inesplorati e sinistramente affascinanti, The Terror, almeno per la prima stagione - non ho ancora recuperato la seconda - mantiene alti i toni, sempre viva l'attenzione e cattura per forza di cose l'interesse dello spettatore. Il cast è composto da attori prevalentemente britannici o irlandesi e considerando anche l'origine dei personaggi che interpretano è non solo la scelta migliore, per coerenza con la storia, ma anche quella perfetta considerando che gli attori britannici sono, a mio giudizio, una spanna sopra a tanti altri. Troviamo Jared Harris, che ha una lista sconfinata di film e serie a cui ha partecipato (Allied, Sherlock Holmes Gioco di Ombre, Pompei, Il Curioso Caso di Benjamin Button oltre a The Terror, Carnival Row e Chernobyl), chiamato ad interpretare il capitano Francis Crozier, Tobias Menzies (Giulio Cesare, Roma, Black Sea, 007 Casino Royale, oltre a The Crown, Outlander, Trono di Spade) che interpreta il comandante James Fitzjames, Ciarán Hinds (Harry Potter e I Doni della Morte, Harry Potter e la pietra filosofale, Agents of S.H.I.E.L.D. e tanti altri, oltre ad essere Steppenwolf sotto CGI in Justice League) ed un'altra lista di attori capaci, volti assai noti del piccolo e grande schermo.




Le musiche sono sufficientemente rispettose dei dialoghi, nel senso che si accontentano di fare da sfondo e dar al giusto momento il pathos necessario; il tema principale della serie già mette nel giusto stato d'animo lo spettatore e pur non essendo una serie horror in senso stretto - come detto il soprannaturale è presente, ma non predominante - le note impiegate sanno trasmettere una discreta ansia. 
Ogni tanto vuoi per le inquadrature, vuoi per appunto le musiche, vuoi per i paesaggi, i richiami a La Cosa, Master & Commander, Alive e altre opere simili è molto forte.
Ma ciò che più di tutto ho trovato evocativo quanto azzeccato è, appunto, il cast: gli attori sono perfetti nel ruolo e si sono calati splendidamente nell'atmosfera dell'epoca oltre che nella esigenza di non risparmiare nulla del loro repertorio per mostrare le sfaccettature umane, fallibili, fallaci, finanche malate, di essi. Pochi sono i personaggi positivi, altrettanto pochi sono quelli negativi: tutti combattono per la propria sopravvivenza in un luogo, ed in un contesto, in cui nulla è amichevole e tutto pare solo voler uccidere, nel modo più angosciante possibile, coloro che hanno varcato le terre che appartengono a ben pochi uomini.
Sul serio, non ho mai avuto la sensazione di assistere ad un attore che recitasse, quanto a un autentico dramma reso perfettamente, con espressioni, emozioni, sguardi, silenzi. 




Un po' di storia (e quindi spoiler, da evitare se dovete vedere la serie!)


Il 9 settembre 2014 il governo canadese ha affermato di aver trovato, mediante l'utilizzo di robot sottomarini e sonar, il relitto dell'imbarcazione Erebus sulla quale aveva viaggiato Franklin. Nel settembre 2016 (precisamente 2 anni e 1 giorno dopo) viene ritrovata in ottime condizioni anche la seconda nave, l'ormai leggendaria Terror, ironia della sorte adagiata sul fondo della Terror Bay nell'isola di Re Guglielmo.
La fine dell'equipaggio è da attribuire a varie cause naturali, quali polmonite e tubercolosi oltre ad un progressivo e non del tutto spiegato avvelenamento da piombo: laddove nella serie si getta un'ombra sul cibo in scatola, e le saldature eseguite malamente dalla ditta che si aggiudicò l'appalto delle forniture, è più probabile - ma ancora incerto - che si sia trattato dei rudimentali dissalatori di bordo che, raffreddati ad acqua, pur producevano scorie.
Le notizie circa gli episodi di cannibalismo verificatisi restano tuttavia agli atti, come testimoniato dai reperti, dalle autopsie e da ciò che i vari racconti degli Inuit locali, coinvolti nelle ricerche, hanno confermato.
Qui potrete vedere in video la visita guidata alla Terror, quasi come se un pezzo di storia fosse rimasto saldamente àncoràto al 1845 (e daje con i doppi sensi).



Qui invece è possibile osservare la scoperta della Erebus: buon divertimento!


Per concludere

In attesa di recuperare la seconda stagione, che giocoforza sarà del tutto slegata dagli eventi della prima, The Terror resta una mirabile serie televisiva: la tensione di un thriller, la paura di un horror, confezionati nella triste vicenda di una pagina di storia che molti, io per primo, non conoscevano e che acuisce il senso di mistero, isolamento, perdita e terrore, appunto, che permea questa opera.