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martedì 4 giugno 2024

[VistoIeri] Pompei: il film dove Jon Snow sa le cose

 

Dato che, durante un viaggio in treno, la principale attrattiva è poter passare del tempo tranquillamente leggendo, ascoltando musica o seguendo un film, il sottoscritto ha scelto di colmare una lacuna circa un prodotto che, in passato, aveva stuzzicato il proprio interesse e che in questo periodo, in pieno delirio di rewatch di Game of Thrones, ha deciso di visionare: Pompei, un film del 2014 di genere peplum (tipologia di film storico che mescolano fantastico, mitologico e azione) diretto da Paul W.S. Anderson, già regista dei film della saga di Resident Evil, di cui ho scritto in un post tempo addietro.

tutti i diritti sono dei rispettivi proprietari

Film disponibile su RaiPlay, che si rivela spesso una sorpresa per i prodotti a catalogo - uno su tutti, il caro vecchio Gods of Egypt - esso mostra un cast ampio, variegato e, nonostante l'opinione generalmente positiva da parte mia sulla pellicola, pure abbastanza sprecato dato che gli unici personaggi che appaiono risaltare sul serio sono Kit Harington (oltre che l'ignorante Jon Snow in GoT è stato anche il Cavaliere Nero in una brevissima apparizione ne Eternals del MCU, Robert Catesby in Gunpowder ed altri, oltre ad essere la voce ufficiale di Eret figlio di Eret nella saga di Dragon Trainer) che in Pompei è Milo- nome più greco che latino, ma stai a guardare il capellum- e lo scontato interesse romantico Emily Browning (Sucker Punch, Lemony Snicket, Sleeping Beauty, Monica) che qui interpreta Cassia. Gli altri attori, che pur con un discreto minutaggio risaltano tanto quanto comparse sono Kiefer Sutherland (celebre per la serie tv 24, oltre che per Stand By Me - Ricordo di una estate, Ragazzi Perduti, Legend) che funge da prevedibile villain finale e Jared Harris (Moriarty in Sherlock Holmes-Gioco di Ombre, il dott. Ashford in Resident Evil Apocalypse nonchè le serie TV The Terror, da me recensita agli albori del blog su QUESTA pagina, The Crown, Chernobyl) che qui è sposato con una Carrie Ann-Moss (Trinity di Matrix su tutti) qui in versione "ho un paio di settimane libere e non so come impiegarle", dato che non credo abbia più di quindici, venti battute in tutto il film, a tenersi larghi. 

Che intendi dire col fatto che sto qui solo per un paio di minuti?

E com'è questo peplum dove Jon Snow sempre in versione bel ragazzo iperfisicato - vedere le foto per credere - mena tutti e conosce le cose, visto che ha un piglio badassico notevole, sa interagire con i cavalli come un provetto Aragorn, vuole vendetta come Massimo Decimo Meridio ne Il Gladiatore e guida una feroce critica (#credici) alla Roma Imperiale di allora come un novello Spartacus?



Per vedere Il Gladiatore, andate di la, sala 2


Curiosamente, la risposta è "buonino, dai". Non che il film in sè, intendo, abbia una trama interessante o piacevole, perchè essa rimane abbastanza prevedibilmente sullo sfondo mentre il vero leit-motiv è l'eruzione del Vesuvio che, storicamente, distrusse Pompei oltre che Ercolano, Stabia e Oplontis nel 79 d.C. 
E' di tutta evidenza che, un po' come accaduto per il film Titanic di James Cameron, il quale ha intelligentemente sfruttato l'elemento tragico per narrare una storia d'amore che diventa quasi pari se non preponderante rispetto all'effettivo disastro, anche qui la storia di questo combattente, Milo, che diventa un gladiatore a Pompei qualche giorno prima dell'eruzione, che coinvolge anche una storia d'amore prevedibile basata sulla differenza di classi e ceti sociali tra i due innamorati, voglia far leva sul binomio "tragedia-amore romantico" per suscitare una emozione intensa come per la storia di Jack e Rose nel film di Cameron. Anche qui, tra l'altro, il villain è una persona che tiene in pugno (qui politicamente, nel film di Cameron economicamente) la famiglia della ragazza di turno, Cassia, interpretata dalla Browning a cui però si aggiunge un altro nemico, il responsabile dell'eccidio della famiglia del protagonista, Marco Proculo qui interpretato da Sasha Roiz.
Facendo un po' di facile ironia, si può considerare tutto questo davvero una grandissima novità, così come è proprio lo è senz'altro l'amicizia che nasce tra i due gladiatori un tempo avversari come il personaggio di Kit Harington e quello interpretato da Adewale Akinnuoye-Agbaje, Attico, un combattente pronto quasi per la pensione e che chissà che fine potrà mai fare. 

"Arrivo a fine film?" "Certo!"
"...ma vivo?" "..ehm..."

Davvero dei colpi di scena inattesi, eh.

Rileggendo la recensione, mi accorgo di aver scritto poco o nulla sul film andando nel dettaglio: questo perchè, bè, c'è poco e nulla da scrivere. Pompei vuole cercare di spingere sulla storia d'amore tra due personaggi divisi da classi sociali, obblighi e desideri differenti sullo sfondo di una catastrofe mentre un villain tenta di costringere la donna, sulla cui famiglia ha potere, a sposarlo. Come scritto, siamo pericolosamente in zona Titanic, per quanto qui il contesto della Roma Imperiale tutto sommato riesca a dare le giuste vibrazioni: certamente, ci sono tantissimi strafalcioni storici riguardo la società romana e la visione particolare che si aveva dei gladiatori ma il compitino, per così dire, è stato svolto tutto sommato decentemente e il finale, anche questo non innovativo ma accettabile, funzioni. 


Il fisico di Kit ottenuto ammazzandosi di palestra:
attenzione, non è CGI

Pompei è un film dimenticabile ma che il suo, per quell'oretta e tre quarti che dura, lo fa abbastanza bene: non sarà tamarro come Hercules - Il Guerriero, nè altrettanto spettacolare nonostante l'eruzione del Vesuvio abbia una buona resa scenica, e globalmente la CGI funzioni parecchio, ma intrattiene abbastanza.

Kit Harington non è il più espressivo degli attori nonostante appartenga alla scuola di recitazione forse migliore, quella britannica, e non pare nemmeno avere troppa chimica con il love interest di Emily Browning,  Cassia, mentre Harris e Southerland sono un paio di spanne sopra gli altri, ma diciamo che è bello vedere tutti questi attori assieme. E si, anche Carrie Ann-Moss, per quei sessanta, ottanta secondi che occupa sullo scherno, roba che se si starnutisce alcune volte ci si perde la sua comparsa.
Peccato che le apparizioni di costoro siano andate via via scemando, contando che la pellicola è del 2014 e non si possano proprio annoverare tante produzioni, specie memorabili, che abbiano interessato i suddetti attori. E che Matrix Resurrection semplicemente non esista.
Curiosamente nonostante il film non sia stato pensato per essere un colossal, l'investimento di cento milioni di dollari parla di un obbiettivo ben differente per il regista, Anderson, che pare si fosse innamorato della vicenda storica dell'eruzione del Vesuvio attraverso gli scritti di Plinio il Giovane, usati come spunto anche per il romanzo di Ed Harris, Pompei, appunto: non a caso, le scenografie ed il comparto tecnico hanno tirato fuori delle scene davvero belle, e per questo ruolo in particolare il nostro Jon Snow romano si è ammazzato di palestra per raggiungere il fisico degno di un gladiatore veloce ma possente come Milo, tant'è che il suo istruttore pare gli abbia suggerito ad un certo punto di darci un taglio: tre volte al giorno per per giorni la settimana per alcuni mesi sono decisamente quello che si può considerare un eccesso di allenamento.
Menzione d'onore per un paio di tracce musicali che riescono a restare abbastanza impresse, tra cui questa qui. 


#gameofthrones #pompei #jonsnow #kitharington #carrieannmoss #film #recensione #keithsoutherland #jaredharris #serietv #storico #peplum #storiadamore #titanic

giovedì 7 novembre 2019

Fantasy News: stasera "Adrian La Serie Evento" torna in televisione! Ma sarà un bene?



Questa sera, alle 21.20 su Canale 5, tornerà in scena la serie televisiva più trash dell'ultimo anno e che più di qualsiasi altra ha costituito un esempio lampante di "caso mediatico" ma per le ragioni sbagliate: o, forse, per le giuste ragioni, ma in un altro senso.
Sto parlando di "Adrian, La Serie Evento", lo spettacolo che Adriano Celentano ha composto e presentato già a gennaio del 2019 e che, su nove degli episodi previsti, ne ha visti trasmessi solo quattro, prima di scomparire dai palinsesti dopo un costante e vistoso crollo degli ascolti.
Ha dunque senso riprendere questo progetto, consci già di ciò che ci si può attendere? E su quali elementi ed ospiti punta per il rilancio l'ex ragazzo della Via Gluck, ex Molleggiato e ad oggi ancora persona abbastanza piena di sè? 
Vediamolo.




Stasera, 7 novembre: chi c'è per salvare la barca che affonda?

Stando a quanto comunicato e riportato da alcuni siti, questa sera dovrebbero comparire parecchi personaggi noti, da Paolo Bonolis a Chiambretti, da Carlo Conti (!!) a Giletti pronti a lasciare il passo anche a nomi ancora più chiassosi ed altisonanti come Gerry Scotti, Enrico Mentana e Maria De Filippi.
Immagino che se fossero stati vivi quei grand'uomini quali Corrado e Mike Buongiorno avrebbero provato a contattare anche loro - magari ricevendo una cortese ma secca pernacchia.

Non bastassero questi conduttori ed intrattenitori, è probabile che appaiano in ordine sparso Elisa, Ligabue, Checco Zalone ed Ultimo.
Tutto ciò, ovviamente, sempre che nel frattempo costoro non rinsaviscano ed evitino di essere coinvolti in questo mezzo scempio.

Ma perchè tanto scetticismo misto a curiosità morbosa?

Un po' di storia


Era il 21 gennaio 2019 quando, dopo una campagna pubblicitaria abbastanza martellante e durata alcuni mesi, resa più insopportabile per l'alto volume "particolarmente molesto", potei assistere alla prima puntata di Adrian, La Serie Evento, così come la rèclame la sponsorizzava, bombardandoci di frequenti passaggi per ricordarci che " ... sta arrivando" con tanto di cielo tempestoso, tuoni e fulmini.
Nemmeno la Seconda Venuta di Cristo, per dire.

L'evento in sè, peraltro, non nasceva nemmeno sotto i migliori auspici: tra i 20 e i 30 milioni spesi per produrre la serie animata, che faceva parte del secondo blocco dello spettacolo, mentre il primo era dedicato a monologhi di attori e sketch (poco) comici con gente come Natalino Balasso (avessi detto...) Giovanni di Aldo Giovanni e Giacomo e Nino Frassica, giusto per citare i più noti; attori e conduttori del calibro di Teo Teocoli e Michelle Huntziker che, invece, sceglievano di rinunciare a comparire; il fatto che erano trascorsi molti anni dall'ultima apparizione pubblica di Celentano; e, infine, che il progetto animato avesse richiesto dieci, dico dieci, anni per la sua realizzazione.

Darian, il travestimento di Adrian. Il Gobbo di Milan-Dame de Italie


Trascurando dunque la prima parte dello show, lento, banale, noioso e privo dell'unico elemento di attrattiva che probabilmente aveva condotto a teatro un sacco di speranzosi disperati per assistere ad una esibizione di Adriano dal vivo, ossia la presenza stessa dell'ex Molleggiato che era apparso per il tempo necessario a bere un bicchiere d'acqua e a dire, di numero, tredici-quindici parole, la serie animata si era rivelata già nella prima puntata quello che era facile attendersi: un'ode gigantesca all'ego(centrismo) di Celentano, in veste di pompato protagonista simil anime di Ken il Guerriero, affiancato da una Gilda (in pratica Claudia Mori ringiovanitissima) nella veste di Musa ispiratrice del personaggio di Adrian e ninfomane atta a giustificare la presenza di Milo Manara come concept designer dei personaggi, specie femminili.
Milo Manara che, per inciso, si è affrettato tra la seconda e terza puntata a dissociarsi da quel lavoro, precisando che egli aveva solo compiuto degli studi sui personaggi, bozzetti preparatori e disegni di massima per dare una idea di come essi dovessero apparire esteticamente e che successivamente lo Studio Sek aveva invece preso, integrato, e animato direttamente.

A volerne fare un hentai, forse ne usciva qualcosa di meglio...



Ora, per essere onesti, la trama simil distopica, che strizza tutti e due gli occhi a V for Vendetta - un V for Vendetta scritto da uno sotto metanfetamine, d'accordo, ma ci siamo intesi - assieme ad alcuni spunti presi da Blade Runner non sarebbe male.
L'idea di un mondo dove inquinamento, interessi economici e politici schiacciano gli interessi dei singoli... è vecchia come il mondo, ed è distopica mica tanto, visto che ci viviamo quotidianamente in un contesto del genere, ma in linea di massima è sempre un tema che risulta piacevole.
I disegni non sono nemmeno da buttar via, anche se molti, appunto, sono solo abbozzati e poco rifiniti e le animazioni sono altalenanti in modo fin troppo marcato, passando da alcune effettivamente valide, ad altre inguardabili, nemmeno fossero state realizzati da usufruitori di photoshop alle prime armi e di qualche programma di videomaking di quelli free che si trovano in rete.


In ogni caso, è la storia in senso generale, nonchè la pretesa idea moralizzatrice in senso stretto che le è propria, ad essere i principali punti deboli di questa porcheria.
Una porcheria perchè il tentativo ostentato, quasi urlato, di indicare Adriano Celentano come una sorta di profeta, come l'unico in grado di guidare noi sciocchi idioti alla scoperta delle cose che contano nella vita, manco fosse appunto un novello Eletto come Neo in Matrix, risultano tanto stridenti da rendere tutto quanto il messaggio sociale e politico, sottile quanto un palazzo di duecento piani, totalmente insopportabile. 
A ben poco sono valsi i tentativi dei pochi che volevano provare a difendere questo progetto, facendo levate di scudi; per una volta, infatti, la stragrande maggioranza del pubblico si è sentita davvero presa in giro,  in quanto quasi trattato da deficiente, specie grazie ad un prodotto che, si, è costato dieci anni di lavoro e quant'altro, ma è concettualmente vecchio di trent'anni. 
Simili tematiche le hanno affrontate, in modo molto più intelligente ed efficace, dozzine di produzioni animate,  dai Simpson ai classici Disney, dall'animazione nipponica di Akira e Ghost In The Shell fino a South Park che giudico il format animato più estremo eppure intelligente che si possa trovare in giro.


E' brutto dirlo, ma dopo aver scritto e letto di tutto, dopo aver riso a causa di immagini terribili e dei meme che sono stati diffusi, è rimasta almeno in me una profonda amarezza: un'amarezza figlia del fatto che poteva essere la grande occasione per sdoganare il concetto di "animazione" per l'Italia come genere di nicchia e portare all'attenzione di tutti, in prima serata, con un patron così d'eccezione come Celentano, un progetto in grado di dare anche agli adulti un tipo di intrattenimento di solito riservato ai più giovani, buttando in questa definizione tutti coloro che vanno dai dieci ai quarant'anni.

L'arcinota "casetta", oggetto di dozzine di meme


Purtroppo, come è poi successo, lo spettacolo in sè, inteso come primo e secondo blocco, ha annoiato terribilmente perchè era confuso il target di riferimento prima di tutto. 
Chi come me voleva seguire questo progetto, era sicuramente interessato alla serie animata, disinteressandosi in toto del preshow, mentre chi era già adulto ed era cresciuto con in film e le canzoni di Adriano Celentano non si curava per niente del "cartone" e seguiva solo la prima parte, in attesa di un ex Molleggiato che, però, non c'era.



Gli ascolti hanno, del resto, affossato nell'arco di una manciata di settimane e di sole quattro puntate tutto quanto il progetto, senza nemmeno tener conto delle polemiche, forse a mente fredda un filo esagerate, circa alcune scelte comunque non proprio felici da parte degli sceneggiatori, come aver istituito giusto giusto a Napoli la sede di "Mafia International" oppure aver redarguito, Adrian, due ragazze per aver bevuto "qualche bicchierino di troppo" il che ha portato ad attirare le attenzioni di un paio di delinquenti.
Personalmente non le ho trovate così offensive dato che sono scelte che giocavano l'una con gli stereotipi e l'altra con un fraintendimento che si è voluto forse ostentatamente interpretare in senso negativo -probabilmente l'intenzione era di dire che l'alcool ottunde le capacità logiche ed è chiaro che se non sei persona lucida puoi rischiare di finire tra le grinfie dei malintenzionati, che è ben lungi dal dire che se bevi "te la cerchi".
Ecco, in questo credo si sia voluto vedere il marcio a tutti i costi.


Non resta che aspettare questa sera per scoprire che cosa la quinta puntata di Adrian La Serie Evento, avrà da riservarci.

giovedì 31 ottobre 2019

Fantasy News: la serie TV della Divina Commedia... sarà ambientata in America? WTF ?!?

Una Hollywood sempre più alla canna del gas produrrà, pare, una serie televisiva che curerà l'adattamento della nostra opera letteraria forse più famosa e bella: La Divina Commedia di Dante Alighieri: il tutto ambientato in una Los Angeles odierna, con una ventenne Dante donna, giovane e problematica e una madre con problemi di tossicodipendenza. Sconvolti? Sapeste io....




Che Hollywood avesse finito le idee lo andavo annunciando dal lontano 2010, e a più riprese, negli articoli che ho curato altrove, specie parlando del reboot di RoboCop (2014), di Total Recall (2012 con Colin Farrel), Biancaneve ed il Cacciatore e tanti altri, in cui ho descritto la metafora di Hollywood come intenta a respirare direttamente dalla canna del gas per suicidarsi.

Non fosse così, e non fosse probabilmente che ai piani alti delle produzioni certi progetti li si affidano a coloro che fanno abuso di sostanze stupefacenti, non si spiegherebbe il come sia possibile pensare di serializzare la Divina Commedia, una delle opere letterarie più importanti di tutti i tempi, portandola sul piccolo schermo attraverso una piattaforma di streaming.



Ora, intendiamoci: l'idea di fare una serie TV sulla Divina Commedia, rispecchiandone il tono linguistico aulico, affidando magari il tutto ad un qualche erede spirituale del compianto Enrico Carabelli, tipo Ivo de Palma, in grado di rendere un anime shonen come I Cavalieri dello Zodiaco un'opera culturalmente rilevante, non sarebbe da buttar via.
A patto di rendere le tematiche politiche che Dante affrontava nel corso del suo viaggio, coerenti con il gusto odierno senza tradirne la collocazione storica e a condizione di avere un budget sufficientemente alto da rendere scenografie, ambienti o CGI degni di questo nome, ne poteva venir fuori persino un qualcosa di originale, bello e interessante. 

Magari una prodotto alla History Channel, stile documentario con gli attori, ma ci siamo intesi.


Il punto è che se poi si decide, si perdoni il termine, di sputt di mandare tutto alla malora "modernizzando" la Divina Commedia, ambientando nella odierna Los Angeles le vicende di Dante, non più uomo di mezza età in quanto trentacinquenne ("Nel mezzo del cammin di nostra vita") ma una novella, giovane donna ventenne di nome Grace Dante - sul serio, che problemi mentali hanno in America? - che affronterà "la selva oscura" costituita da una vita difficile all'insegna del peccato e dalle difficoltà di seguire i problemi di sua madre, una tossicodipendente (?!?!) allora i casi sono due: o le droghe le regalano a piene mani ai Creator ed agli Sceneggiatori di queste porcherie, oppure hanno preso per sbaglio la sceneggiatura di O.C. o un altro teen drama da riadattare oggigiorno.
Perchè.
Non è.
Possibile.

Il vero Inferno sarà questa serie, fidatevi.



Sinossi: cosa sappiamo di Dante's Inferno?


Grace Dante, stando ai rumors, sarà appunto una ventenne con molti problemi, tra cui la già citata madre, un fratello disagiato e una vita complicata ed ardua nella Los Angeles meno piacevole che si possa immaginare, cruda, realistica, dura, sporca; questo fino a quando, all'improvviso, le cose non iniziano ad andare inspiegabilmente meglio: la sua carriera decolla, il lavoro inizia ad andare a gonfie vele, l'amore giunge ed è perfetto, il denaro non costituisce più un problema, tutto quanto sembra essere, quasi magicamente, come dovrebbe essere nei sogni della ventenne.
Questo però si rivela essere l'inizio di un nuovo incubo quando Grace scopre che l'artefice di tutto questo è il Diavolo stesso, per sconfiggere il quale ella dovrà attraversare l'Inferno stesso, sito comodamente proprio sotto Los Angeles.
Siete autorizzati a piangere.



Rinunciate all'idea di qualcosa di così culturale...

A leggere già queste poche informazioni, filtrate attraverso l’Hollywood Reporter che svelava il progetto del network Freeform, molti sono insorti sui social e si sono legittimamente arrabbiati: da chi chiede se sia possibile far causa all'America per cultural appropriation fino a chi semplicemente domanda come sia possibile affidare senza interferire il compito ad una emittente americana, anni luce distante dalla nostra cultura e, con un pizzico di presunzione, dalla cultura letteraria in genere.

L'adattamento sarà curato da Ethan Reiff & Cyrus Voris (Knightfall, una serie televisiva sui cavalieri templari), Nina Fiore e John Herrera (il pregevole The Handmaids Tale), Danielle Claman Gelber (nota per One Chicago) e lo Studio 71.

A questo punto, messe così le cose, l'adattamento della Divina Commedia ad un videogioco, Dante's Hell, in cui Dante è un cavaliere templare che lotta per strappare da Lucifero l'anima di Beatrice massacrando demoni e diavoli con una falce, il tutto calato in un beat'em up stile Devil May Cry, sembra a questo punto decisamente più coerente; videogioco dal quale è stato tratto anche un anime molto violento ma interessante che si può vedere in questo periodo su Amazon Prime Video.

... ma anche di qualcosa di così figo in quella serie TV.

Freeform Network, per chi non lo sapesse, è l'emittente che ha curato saghe appunto teen e familiari come Pretty Little Liars, che dopo un inizio interessante è andato parecchio alla deriva, Shadowshunter, State of Grace (daje...), Beautiful People, Guilt, Beyond, Cloak & Dagger e tante altre.


Che in America non sappiano trattare il nostro materiale, nemmeno se più semplice e leggero come può esserlo un fumetto, nel caso di Dylan Dog, è cosa arcinota, visto che il loro adattamento cinematografico del 2011 ancora mi procura voltastomaco; quindi, è legittimo domandarsi se non sia possibile intervenire personalmente, e non sto scherzando, da parte della politica italiana per evitare un simile scempio, una di quelle idee apparentemente folli che nessuno sano di mente sposerebbe.
Perchè pensare che La Divina Commedia, una delle opere più importanti di tutta la storia della letteratura mondiale, venga violentata in questo modo è forse una delle cose più aberranti che si siano viste negli ultimi tempi e dimostrazione che, a volercisi impegnare, non c'è limite al peggio.

Personalmente non sono mai stato portato a pensare che si debba giudicare qualcosa senza averla veduta, letta, udita, studiata, a seconda del media di cui si parla; ma reputo mi sia consentito giudicare a priori un'idea idiota, messa in scena secondo una storia ancora più idiota, semplicemente idiota.
Non resta che aspettare smentite o conferme: in tutto questo, l'unico Paradiso sarebbe scoprire che tutto questo fosse un gigantesco e in anticipo Pesce d'Aprile.
Ma siamo ad ottobre, oggi è 31, e c'è Halloween stasera: come vedete, c'è da aver paura fino alla morte.

mercoledì 30 ottobre 2019

Fantasy News: HBO cancella il prequel Bloodmoon ma annuncia House of the Dragon. Che caos!


La HBO ha comunicato di aver cancellato la serie televisiva prequel di Game of Thrones - che avrebbe visto anche la partecipazione di Naomi Watts tra i protagonisti e sviscerato le vicende che riguardano la prima Lunga Notte - ma ha annunciato che al contrario tutto è confermato per House of the Dragon, altro spin-off/prequel ambientato "solo" 300 anni prima, all'incirca, delle vicende narrate nella serie de Il Trono di Spade. 
Ma che succede ai piani alti? Come mai tanta confusione?




A quanto pare la HBO ha sempre nuove idee: molte, senz'altro, ma confuse. Dopo aver annunciato che avrebbe prodotto una serie spin-off/prequel che avrebbe mostrato le vicende che avevano condotto alla prima Lunga Notte, dopo aver invece bocciato l'idea che invece avrebbe fatto probabilmente assai più contenti i fan e non di narrare in una miniserie la cosiddetta "Ribellione di Re Robert" con il rapimento di Lyanna Stark perchè "poco interessante dato che tutto è già noto e svelato nei libri" (?!?!), in queste ore ha fatto marcia indietro circa il progetto del prequel sulla Long Night di fatto rinunciando anche ad impiegare una attrice famosa e di tutto rispetto come Naomi Watts, ma ha anche svelato che produrrà invece la saga, House of the Dragon, letteralmente La Casa(ta) del Drago, ambientata circa 300 anni prima delle vicende che abbiamo imparato ad amare ed odiare nella serie televisiva.


Avrei forse dovuto scrivere "nei libri", non fosse che la saga letteraria di George R.R. Martin è parcheggiata con le quattro frecce, motore scassato, senza benzina e con le ruote rubate ad un lato della strada chiamata "non so come proseguire la storia" da anni: per tanti, oramai, me compreso, la saga de Il Trono di Spade è quella della serie televisiva prodotta dalla HBO.
Ma di cosa parlerà, dunque, questa saga, sempre sperando che tra qualche mese il progetto non cambi di nuovo?






House of Dragon: cosa sappiamo.


Ambientata trecento anni prima delle vicende che porteranno alla grande guerra contro gli Estranei e la Approdo del Re conquistata e retta da Cercei Lannister, House of the Dragon presenterà la dinastia dei Targaryen e quindi i progenitori di personaggi come Jon/Aegon, Daenerys, Aerys Il Folle e gli altri che hanno legato una parte o tutto il loro fascino ai Draghi che erano parte integrante del loro casato.
Sappiamo anche che il duo di sceneggiatori David Benioff e DB Weiss non sarà coinvolto nel progetto: dopo aver annunciato inizialmente, a cavallo tra la sesta e l'ottava, ed ultima, stagione di Game of Thrones che sarebbero stati coinvolti nel progetto di rilancio di una nuova saga di Star Wars slegata dagli Skywalker con George Lucas, il duo ha invece siglato un accordo con Netflix di fatto abbandonando, al grido di "Il mio nome è Coerenza", il progetto. Difatti, recependo le stesse parole del duo di sceneggiatori:



In soldoni, è il caso di dirlo, Netflix ha pensato di accaparrarsi i due sceneggiatori che più l'hanno danneggiata nella corsa ai premi negli scorsi Emmy Awards e di sfruttare la curiosità, il "marchio" per così dire che accompagna questi due sceneggiatori.
Va detto che Benioff e Weiss finchè hanno avuto una traccia degli eventi di GoT grazie ai libri di Martin se la sono cavata in maniera a dir poco egregia, visto che la serie fino alla sesta stagione ha retto alla grande risultando decisamente avvincente, pur non essendo questa la sede per parlarne.



Tornando però alla serie House of the Dragon, essa verrà diretta dal regista Ryan Condal (noto per Colony, il più datato e tamarro Hercules-Il Guerriero con The Rock/Dwayne Johnson e il recente Rampage sempre con The Rock), il quale firmerà la sceneggiatura assieme allo stesso Martin: la serie, di circa dieci (10) episodi, narrerà le vicende della guerra civile che sconvolse la Casata Targaryen e, probabilmente, segnerà la sua caduta, spianando la strada a quegli eventi che vedranno unirsi quella nobile dinastia a Casa Stark.
Il tutto è basato sul libro Fire And Blood del 2019, il quale fungerà da "spina dorsale" per ulteriori vicende e sviluppi in modo, pare, da ricondurre queste vicende a quelle di The Dance of The Dragons.

Vi terremo aggiornati!

martedì 29 ottobre 2019

Parliamo di cose SerieTV - Hanna 1 stg - di David Farr, regia Sarah Adina Smith con Joel Kinnaman, Mireille Enos e Esme Creed-Miles





Bentornati a Parliamo di cose SerieTV, la rubrica col nome più semplice e meno complicato da ricordare del web (#credicidavvero). 
Quest'oggi si parla di Hanna, serie televisiva Amazon Prime Video che è stata messa a disposizione  per intero dallo scorso marzo e che rappresenta un differente sviluppo dell'omonimo film del 2011: sviluppo che si rivela essere peculiare, non solo per il cast differente - nel film figuravano Cate Blanchett (Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit, The Aviator, Elizabeth, The Danish Girl, Il curioso caso di Benjamin Button, Cindarella, Thor Ragnarok e dozzine di altri) ed Eric Bana (l'Hulk del 2008, The Castle/Il Castello, Black Hawk Down, Troy - in cui interpretava Ettore - The Dry e molti altri) quanto perchè ovviamente sfrutta il maggior minutaggio a disposizione per sviluppare i personaggi e i loro rapporti interpersonali: da quello padre-figlia tra i personaggi di Hanna ed Erik Heller a quello più peculiare che univa Heller stesso alla Wiegler, che era a capo del "progetto" Utrax.








Cast e ruoli
Il cast è composto da volti familiari ma non necessariamente di primissimo piano, com'è costume nelle serie televisive, oramai: Mireille Enos, nota per "Someone like You/Qualcuno come te", "Gangster Squad", "World War Z", "Devil's Knot" e "The Captive", per citare i principali film, interpreta Marissa Wiegler ruolo che nel film era stato affidato alla decisamente più famosa e indiscutibilmente più brava, Cate Blanchett, mentre Joel Kinnaman, già Alex Murphy nel RoboCop del 2014 (se ne parlava qui se foste cosi gentili da cliccarci sopra) ed interprete in Child 44, Suicide Squad e The Informer, e comprimario con la Blanchett nel film "The Killing", è Erik Heller, precedentemente interpretato da Eric Bana; quanto poi alla protagonista si è optato per la quasi esordiente Esme Creed-Miles che interpreta Hanna, ruolo coperto in precedenza da Saoirse Ronan: scrivo "quasi esordiente" sebbene la sua prima prova risalga al 2007 in Mister Lonely, seguito poi da un ruolo in Dark River e numerosi altri film indipendenti.
Nonostante questi confronti potrebbero sembrare impietosi, l'adattamento della serie televisiva regge abbastanza e gli attori, scelti per i vari ruoli, sono decisamente in parte e ben calibrati.
In particolare, la Esme è risultata veramente magistrale nell'interpretazione di Hanna, ruolo al quale si è preparata sottoponendosi ad un severo programma di allenamento alle arti marziali per sei ore al giorno per un mese e cercando di penetrare il più possibile nella psicologia del personaggio, offrendo una performance di gran pregio in cui non si dubita mai della genuinità delle emozioni che ella lascia trasparire, complice uno sguardo davvero espressivo e un volto particolarmente genuino: dove Saoirse Ronan ha fatto sicuramente un lavoro apprezzabile complice una fisicità ed uno sguardo particolarmente intensi, il maggior minutaggio, nonchè una sceneggiatura che ha permesso approfondimenti sociali e psicologici più frequenti e costanti, specie nelle parti in cui Hanna si relaziona ai suoi coetanei, hanno giovato maggiormente alla Esme ed il risultato è un personaggio sicuramente più complesso, scollegato maggiormente dalla realtà e con molte più sfaccettature di quelle che si potessero inserire o suggerire, semplicemente, nel film.


Joel Kinnaman è un Erik Heller con frequenti espressioni da pirla.

La differenza qualitativa, invece, l'hanno fatta la regia e la sceneggiatura per il film del 2011: Joe Wright e Seth Lochhead, non esattamente gli ultimi arrivati, hanno saputo reggere meglio il ritmo che, ben condensato nel minutaggio forzatamente limitato di un film, funziona decisamente in modo più efficace rispetto alla serie televisiva che giocoforza ha degli alti e bassi dovuti al fatto di dover, in soldoni, allungare il brodo spalmando su più di 360 minuti circa quanto mostrato nei 111 del film.
Ciò che forse è risultato ancora più apprezzabile, interpretazioni a parte, sono le location scelte per girare molti degli episodi: Ungheria, Slovacchia, Spagna e Regno Unito oltre che il porto di Almería e in quello di Estación Intermodal; e questo risulta ancora più piacevole perchè la regia e la fotografia riescono a calare lo spettatore nel meglio e nel peggio che queste città hanno da offrire, dando un taglio realistico e da spy story, un po' alla Nemico Pubblico, a questo prodotto.
Al contempo, tuttavia, si assiste a frequenti cambi che alle volte sfasano la percezione dello spettatore, "sbattendolo" da un lato all'altro del mondo senza alle volte riuscire ben a seguire il come ed il perchè accadano: non che la storia sia difficile da seguire, ma questo, mescolato ai frequenti flash-back, può costituire un senso di straniamento tale per cui alle volte ci si chiede se siano esigenze di reale natura registica e di sceneggiatura o solo esercizi di stile.

Esme Creed-Miles, la castana qui sopra, e Saoirse Ronan dai biondi capelli


Hanna: cosa mi ha convinto e cosa no ... e perchè guardarla comunque.

A voler fare per forza quelli che offrono un voto, la serie si attesta ad un sei e mezzo sette, giusto per dare pane ai troll che vedono un voto e si scagliano su di esso come un toro farebbe verso un drappo rosso.
Il punto è che la serie ha tante cose positive, ma anche diversi lati negativi: per cominciare, è molto lenta: questa è la principale critica che è stata mossa, e personalmente la condivido. Pur amando moltissimo i prodotti di questo genere che si prendono il proprio tempo legittimo per narrare una storia, qui lo sviluppo è molto discontinuo, altalenante - passando da momenti frenetici ad altri decisamente soporiferi- ma nel complesso poco sostenuto.
Le parti da "teen drama", quelle che vedono Hanna a contatto con i propri coetanei, in cui lo spettatore rimane attento pensando "chissà cosa succede, chissà cosa succede" sono, senza giri di parole, una palla pazzesca.
La estraneità di Hanna dalla società odierna e da come si comportano i suoi simili traspare molto poco, e questo dipende dalla scrittura del personaggio e non certo dalla interpretazione di Esme Creed-Miles che come detto merita diverse lodi: quanto si vede sposta di pochissimo la trama in avanti e si, cementa il rapporto di Hanna con una persona in particolare, ma in soldoni annoiano.

I due attori funzionano ottimamente, a dispetto di qualche mia battuta.

Il fascino di Hanna, di questa specie di Nikita in miniatura, risiede nel fatto che è stata allenata per tutta la vita, addestrata come si farebbe per forgiare una giovane spia - un qualcosa che richiama ai fan della Marvel la Vedova Nera e la famigerata Stanza Rossa anche se molto meno traumatica e orribile - risiede nel fatto che il suo potenziale non viene svelato, e ci si aspetta sempre che accada qualcosa di particolare.
Ma il problema è che arrivati a venti minuti dalla conclusione dell'ottavo, e per adesso ultimo, episodio, questo potenziale non si rivela mai.
Sappiamo che i bambini come lei erano stati sottoposti a esperimenti, ma a che pro? In cosa questa manipolazione genetica dovrebbe aver contribuito a creare dei supersoldati o qualcosa di simile?
In sostanza, quali capacità superiori sono state trasmesse ai giovani del progetto Utrax?
Tutto questo resta molto fumoso, poco approfondito e pur non desiderando spiegoni...  ammetto che qualcosa va dato, alla fine, allo spettatore, una qualche rivelazione va fatta per tenere il fiato sospeso e viva la curiosità sulla seconda stagione.
Nulla di questo accade, purtroppo, e la conclusione è davvero poco ricca di intensità: pathos ed azione quanto ne volete, ma sostanza, insomma, poca.
Si concludesse così, la serie, senza sapere che giungerà una seconda stagione, non avrei problemi a definire il tutto una grande delusione o, citando l'opera di Dickens, "Grandi Speranze".

Mireille Enos è una ottima Marissa Wiegler


Nonostante questo, la serie non viene da me bocciata sia perchè è intrattenimento spiccio, sia perchè è ben recitata, coreografata e ambientata in posti molto piacevoli da ammirare, calando il contesto in luoghi realistici.
E' una buona serie, con molti momenti alti e concitati e diversi altri parecchio lenti - ma magari sono gusti, eh - ma nel complesso è abbastanza valida e getta le basi per seguire la seconda che arriverà su Amazon Prime Video nel 2020

martedì 15 ottobre 2019

Parliamo di cose SerieTV - The Terror 1 stg - di Ridley Scott, Dan Simmons, David Kajganich







Nel 1845, due navi della Royal Navy lasciarono l'Inghilterra per scoprire un passaggio navigabile attraverso l'Artico. Erano le navi più tecnologicamente avanzate di quei tempi.  L'ultima volta vennero avvistate da alcune baleniere europee alla Baia di Baffin in attesa delle giuste condizioni per entrare nel Labirinto Artico. Entrambe le navi scomparvero
(Introduzione alla prima puntata della serie.)




Nome: The Terror (prima stagione) The Terror - Infamy (seconda stagione)

Dove: Amazon Prime Video
Stagioni: 2, slegate tra loro (in corso)
Episodi: 10 per la prima stagione, 9 per la seconda stagione
Durata: dai 42 ai 56 minuti circa



The Terror è una serie televisiva che ho scoperto quasi per caso: dopo essere stata diffusa sulla AMC, una nota rete televisiva statunitense che ha regalato perle come Mad Men, Braking Bad, The Walking Dead, Better Call Saul, The Preacher e Into the Badlands, è approdata su Amazon Prime Video che l'ha per un certo periodo proposta tra i titoli in primo piano.

Va detto che le serie televisive di stampo storico sono al contempo mia croce e delizia: da una parte adoro veder ricostruiti ambienti, usi, costumi, abitudini e stili di vita (anche poco apprezzabili), dall'altra se si conosce la storia si sa già cosa accadrà, specie ad alcuni personaggi.

Confidando nella clemenza di chi legge, confesso già la mia ignoranza degli eventi che la prima stagione narra, e che mi ha però aiutato a godermi subito il viaggio, specie perchè per fortuna non ero a bordo di quelle navi. Ma di cosa tratta la serie, esattamente?


                         


Sinossi: a metà tra leggenda e realtà.


Prodotta da Ridley Scott, il che già vuol dire qualcosa, The Terror è una serie storico antologica dalle tinte horror, il cui nome gioca su di un elemento specifico, il nome di una delle due navi, La Terror, appunto (che, voglio dire, già il nome non lasciava granchè presagire bene), che assieme all'Erebus (ok allora ve la cercavate, eh, con sti nomi) faceva da ammiraglia nel difficilissimo e allora ancora non realizzato tentativo di trovare un "Passaggio a Nord- Ovest", da cui anche il nome della trasmissione di Alberto Angela, che permettesse di attraversare l'Artico.
Le navi erano guidate dal Comandante sir John Franklin e dal Capitano Francis Crozier che era anche Comandante in seconda: nell'inverno del 1845 finirono per incagliarsi tra i ghiacci dello stretto di Vittoria, nell'artico canadese e da allora, nonostante le numerose spedizioni successive di salvataggio, non se ne seppe più niente.
Fin qui, c'è poco da dire: siamo stati per mare già lungo le rotte impervie di Master & Commander, un bel film che doveva far parte di uno sfortunato progetto di serializzare delle pellicole a tema avventura & navigazione, un progetto naufragato (ehm...) dopo solo il primo capitolo, con Russel Crowe e che personalmente apprezzo e rivedo sempre volentieri. 
Progetto che, la Storia insegna, invece è andato a gonfie vele (battutona) con la serie di Pirati dei Caraibi, nato come film per sponsorizzare il parco divertimenti Disney omonimo e divenuta un forziere (...) quasi inesauribile di denaro per la Casa del Topo: ma non divaghiamo, e restiamo sulla Terror e Erebus (col cavolo!).


Una spedizione attraverso l'Artico, in terre inospitali e con ghiaccio che rende quasi impossibile la navigazione: inoltre, fin dalle prime battute del primo episodio ci viene già chiaramente detto che le due navi sono scomparse, e che i rispettivi equipaggi sono morti, ammazzando la sorpresa.
Tuttavia, le condizioni estreme e proibitive, il fascino sia pur sinistro delle lande del ghiaccio eterno e una componente soprannaturale che resta a margine rispetto ai reali problemi di due navi e 129 uomini bloccati tra i ghiacci danno alla serie un terribile quanto crudo e realistico taglio, spingendoci a seguire questi uomini lungo la rotta della loro distruzione.
Ma dovuta a cosa?

Ciaràn Hinds e Jared Harris in una scena della serie

La storia, ricostruita in parte dal romanzo di Dan Simmons da cui essa è tratta (La scomparsa dell'Erebus), scrittore che è anche uno dei produttori esecutivi della serie, si prende molte libertà, ovviamente, pur essendoci testimonianze, prove e tracce di diversi aspetti successivamente ampliati, sviluppati o solo romanzati dallo scrittore: in particolare, si narra di come le due navi si siano trovate incastrate tra i ghiacci, impossibilitate a muoversi e gli equipaggi costretti a vivere in quei luoghi per più di due anni, tentando poi la salvezza per altre vie. Purtroppo però, le parti più crude di quella storia, nonchè il modo e lo stile di vita adottati per sopravvivere specie nelle ultime fasi di quel viaggio, sono tristemente vere.









The Terror: perchè vederla.

In un mare di poche idee (ok, la smetto con i doppi sensi), questa serie televisiva si prende tremendamente sul serio: avendo il conforto di una storia tragica e di una serie di testimonianze e prove successive, comprese le autopsie sui corpi rinvenuti in seguito conservati a causa delle condizioni terribilmente rigide, oltre che di essersi svolta in luoghi pressochè inesplorati e sinistramente affascinanti, The Terror, almeno per la prima stagione - non ho ancora recuperato la seconda - mantiene alti i toni, sempre viva l'attenzione e cattura per forza di cose l'interesse dello spettatore. Il cast è composto da attori prevalentemente britannici o irlandesi e considerando anche l'origine dei personaggi che interpretano è non solo la scelta migliore, per coerenza con la storia, ma anche quella perfetta considerando che gli attori britannici sono, a mio giudizio, una spanna sopra a tanti altri. Troviamo Jared Harris, che ha una lista sconfinata di film e serie a cui ha partecipato (Allied, Sherlock Holmes Gioco di Ombre, Pompei, Il Curioso Caso di Benjamin Button oltre a The Terror, Carnival Row e Chernobyl), chiamato ad interpretare il capitano Francis Crozier, Tobias Menzies (Giulio Cesare, Roma, Black Sea, 007 Casino Royale, oltre a The Crown, Outlander, Trono di Spade) che interpreta il comandante James Fitzjames, Ciarán Hinds (Harry Potter e I Doni della Morte, Harry Potter e la pietra filosofale, Agents of S.H.I.E.L.D. e tanti altri, oltre ad essere Steppenwolf sotto CGI in Justice League) ed un'altra lista di attori capaci, volti assai noti del piccolo e grande schermo.




Le musiche sono sufficientemente rispettose dei dialoghi, nel senso che si accontentano di fare da sfondo e dar al giusto momento il pathos necessario; il tema principale della serie già mette nel giusto stato d'animo lo spettatore e pur non essendo una serie horror in senso stretto - come detto il soprannaturale è presente, ma non predominante - le note impiegate sanno trasmettere una discreta ansia. 
Ogni tanto vuoi per le inquadrature, vuoi per appunto le musiche, vuoi per i paesaggi, i richiami a La Cosa, Master & Commander, Alive e altre opere simili è molto forte.
Ma ciò che più di tutto ho trovato evocativo quanto azzeccato è, appunto, il cast: gli attori sono perfetti nel ruolo e si sono calati splendidamente nell'atmosfera dell'epoca oltre che nella esigenza di non risparmiare nulla del loro repertorio per mostrare le sfaccettature umane, fallibili, fallaci, finanche malate, di essi. Pochi sono i personaggi positivi, altrettanto pochi sono quelli negativi: tutti combattono per la propria sopravvivenza in un luogo, ed in un contesto, in cui nulla è amichevole e tutto pare solo voler uccidere, nel modo più angosciante possibile, coloro che hanno varcato le terre che appartengono a ben pochi uomini.
Sul serio, non ho mai avuto la sensazione di assistere ad un attore che recitasse, quanto a un autentico dramma reso perfettamente, con espressioni, emozioni, sguardi, silenzi. 




Un po' di storia (e quindi spoiler, da evitare se dovete vedere la serie!)


Il 9 settembre 2014 il governo canadese ha affermato di aver trovato, mediante l'utilizzo di robot sottomarini e sonar, il relitto dell'imbarcazione Erebus sulla quale aveva viaggiato Franklin. Nel settembre 2016 (precisamente 2 anni e 1 giorno dopo) viene ritrovata in ottime condizioni anche la seconda nave, l'ormai leggendaria Terror, ironia della sorte adagiata sul fondo della Terror Bay nell'isola di Re Guglielmo.
La fine dell'equipaggio è da attribuire a varie cause naturali, quali polmonite e tubercolosi oltre ad un progressivo e non del tutto spiegato avvelenamento da piombo: laddove nella serie si getta un'ombra sul cibo in scatola, e le saldature eseguite malamente dalla ditta che si aggiudicò l'appalto delle forniture, è più probabile - ma ancora incerto - che si sia trattato dei rudimentali dissalatori di bordo che, raffreddati ad acqua, pur producevano scorie.
Le notizie circa gli episodi di cannibalismo verificatisi restano tuttavia agli atti, come testimoniato dai reperti, dalle autopsie e da ciò che i vari racconti degli Inuit locali, coinvolti nelle ricerche, hanno confermato.
Qui potrete vedere in video la visita guidata alla Terror, quasi come se un pezzo di storia fosse rimasto saldamente àncoràto al 1845 (e daje con i doppi sensi).



Qui invece è possibile osservare la scoperta della Erebus: buon divertimento!


Per concludere

In attesa di recuperare la seconda stagione, che giocoforza sarà del tutto slegata dagli eventi della prima, The Terror resta una mirabile serie televisiva: la tensione di un thriller, la paura di un horror, confezionati nella triste vicenda di una pagina di storia che molti, io per primo, non conoscevano e che acuisce il senso di mistero, isolamento, perdita e terrore, appunto, che permea questa opera.