(come al solito immagini e nomi sono dei rispettivi proprietari e non si intende ledere alcun copyright)
E’ difficile, molto difficile, rapportarsi alle
novelization di un’opera quale un fumetto, un manga, un film. Pur non essendone
amante, ho collezionato un po’ di esperienza con romanzi liberamente ispirati
oppure ambientati in specifici universi narrativi: Star Wars, nello specifico,
ma anche manga come City Hunter, Ken il Guerriero oppure Bastard!! ma anche le riduzioni di film come Alien, Aliens/Alien 2, Lo Squalo 1 e 2 e così via.
Il problema che di solito - non sempre, per fortuna- riscontro nell'adattare un'opera che appartiene ad un media differente è che il passaggio da uno strumento di fruizione all’altro ha sempre lo stesso deficit: la incapacità di
chi romanza- di solito NON l’autore dell’opera di ispirazione – di tradurre su
carta, attraverso le PAROLE ciò che il predetto autore mostrava con le IMMAGINI: nel caso di un regista attraverso un film, nel caso di un mangaka o un fumettista attraverso un manga od un fumetto.
Alle volte questo ostacolo, questo deficit, si riesce ad ignorare, tant’è che si scoprono delle rare
perle che fungono da Bibbia per gli appassionati, come nel caso del cd. Universo
Espanso di Star Wars o gli splendidi e fedeli adattamenti de Lo Squalo 1 e di Alien; e, se proprio si volesse fare una forzatura in
merito, si potrebbero considerare gli stessi romanzi di ispirazione
fantasy-ludica, ambientati in Forgotten Realms o in Dragonlance delle pietre
miliari irrinunciabili che anzi fungono da ispirazione descrittiva e
interpretativa per gli amanti del genere.
Ma, trascurando appunto questa “estensione” del concetto che stavo esprimendo,
di solito le novellizzazioni sono esattamente quello che appaiono ad una prima occhiata: delle
manovre di marketing per spillare soldi allo zoccolo duro dei fan e , forse in
un remoto concorso di circostanze, far scoprire il personaggio, la storia,
l’ambientazione a dei nuovi lettori.
Ciò premesso, ammetto che anche questo romanzo, ispirato al
personaggio originale creato, descritto, inchiostrato e pubblicato tramite
Sergio Bonelli editore da Luca Enoch, non sfugge a questa sorta di regola non
scritta. E, per chi mi crede, è cosa che mi costa moltissimo ammettere data la materia originaria che tutto è fuorché mediocre -inteso come nella media - quale invece il romanzo di Lucia Vaccarini si presenta.
In una galassia lontana lontana…
No, non c’entra nulla con Star Wars, ma l’incipit va
benissimo.
Essendo classe ’80, sono un figlio di tanti padri: papà Disney,
principalmente, ma anche Tetsuo Hara, Myazaki, Anno e Toriyama; e, in chiave
nostrana, del buon papà Bonelli, sebbene abbia spesso preferito il
misconosciuto Zio della Xenia che con Demon Hunter e Bad Moon dava discreti
calci nel sedere al buon Bonelli, sebbene di questo scriverò in altra
occasione.
Parlando proprio della Bonelli, fumetti come Dylan Dog, Tex ed i successivi Magico Vento, Dampyr,
Brandon ed altri hanno costruito un universo composito, nella mia mente, fatto di
fantasia solida ed amabile, da bravi fratelli maggiori.
Gea, pur essendo la sorellina spuria e casinista che arriva nella tua
famiglia quando oramai hai diciotto, vent’anni e ti chiedi come mai tua madre
abbia scelto di regalartela dopo così tanto tempo, ammetto di averla amata
parecchio: creata da Luca Enoch, di cui avevo leggiucchiato qualcosa e
intravisto le copertine di Sprayliz, l’opera è colma di citazioni, omaggi,
poesie, ironia a volte tagliente, splendide tavole, versi di canzoni contestualizzati in maniera pressochè perfetta; grazie a
tutto questo, unitamente alle strizzate d’occhi ad una rappresentazione
fantasy-fantastica di religione, mito, escatologia e tutto il resto, il
personaggio si è ritagliato un posto speciale nel mio cuore.
Per chi se lo stesse chiedendo, Gea è un Baluardo, una
ragazzina appena tredicenne che ha ottenuto i poteri e il ruolo di un
combattente planare, scelta dagli Esarchi per portare avanti una guerra
millenaria di “reincarnazione spirituale” in “reincarnazione spirituale” che
vede i Baluardi impegnati nel duplice ruolo di evitare che gli esseri che giungono per
sbaglio da altri piani di esistenza possano essere scoperti e costituire un
pericolo per l’umanità e per sè stessi, da una parte, e di sconfiggere la stirpe dei Diavoli – che
hanno quindi ispirato con il loro aspetto l’iconografia e la visione di quegli esseri in chiave religiosa
– che cerca di rompere il Sigillo e abbattere le pareti tra tutti i Piani di
Esistenza onde sciamare sulla Terra così come nel Multiverso e riprendersi il
posto cui appartengono, dall'altra parte.
Tanto per cominciare, questa di Enoch rappresentava la prima
pubblicazione “d’autore” di casa Bonelli: un’opera curata e seguita dal solo
autore senza un team di persone che stesse dietro alle varie uscite, e
con una cadenza semestrale, rappresentava già di per sè una novità assoluta; ed il fatto che fosse un'opera destinata ad avere uno sviluppo ed un EPILOGO, una conclusione di li a tot anni - Gea è stata pubblicata per quasi un decennio - rappresentava una altrettanto grande novità.
In secondo luogo, un personaggio così particolare ed affascinante, che trattava tante di quelle
tematiche sociali mascherate egregiamente da filone fantastico – accoglienza,
tolleranza, diversità (di ogni genere), guerra, la “ragione” di chi vive in una
terra legittimandola con la propria presenza e chi vuole invece riconquistare
quella da cui è stato scacciato- non era tanto comune nemmeno nel panorama italiano dell’epoca,
salvo scomodare personaggi “impegnati” come gli X- Men ed altri del panorama
mondiale.
Gea era un’opera solo all’apparenza leggera e cazzara o
finanche senza pretese: bastava soffermarsi sui vari dialoghi, sul tenore della
storia oppure sul ritmo della narrazione per accorgersi invece “di quanto fosse
profonda la tana del bianconiglio”.
Sotto la scorza di opera per teenager e la rassicurante scusa di rappresentare
“un fumetto” quindi una innocua opera per ragazzi, si celava qualcosa di molto
più grande e profondo, colma di messaggi e problematiche che spesso, ancora oggi, è più
facile tacitare come “complessi” e dimenticarli perché “non c’è soluzione”: mi
riferisco all’albo in cui si parlava del traffico di esseri umani finalizzato all'espianto di organi al cui vertice non c'era il solito gruppo di delinquenti bensì un
rinomato medico chirurgo, un uomo di potere inebriato dal poter decidere della vita e della morte di chiunque e che non si curava delle
conseguenze morali delle proprie azioni; oppure dell'albo in cui un preteso filoestremista di destra cercava di rimediare alla propria indole violenta con l'accoglienza di una piccola
profuga simile ad una succube che cercava di salvare dai suoi "compagni"; o, ancora, di come l’attivismo politico più innocente possa venire
sconvolto dalle conseguenze più estreme se strumentalizzato.
Il Baluardo Impazzito, racconto in cui si presentava Orlando
-nomen omen – un collega di Gea che però aveva iniziato ad accogliere le Entità
Intrusive anziché combatterle, recependo il messaggio universale di fratellanza
lasciato dagli Egrigori – gli angeli associati alla conoscenza e che in alcune
interpretazioni sono anche coloro che si sono ribellati a Dio sulla falsariga
di Prometeo – è un esempio di storia in cui non si ha nessuna certezza di dove
si trovi la ragione, sempre ammesso che ce ne sia una; La Via del Nero
, in cui un Baluardo Rinnegato si rivela essere un “risvegliato ancestrale”, un
essere predestinato al male ma che vuole semplicemente trovare la propria via e
libertà senza regole e padroni è un altro esempio di opera in cui la
drammaticità della vicenda si mescola alle scene più leggere ed esileranti, con
la prima apparizione di un “Pesante”: per chi se lo stesse chiedendo, i Pesanti
rappresentano una casta di Baluardi che è focalizzata solo sul combattimento e
che si comporta e ragiona come un individuo che vive la vita appieno, tra turpiloquio, promiscuità sessuale, commenti
fuori luogo e assenza di qualsiasi senso
della misura sul cosa dire e come dirlo rivolgendosi al prossimo: presentati
quasi sempre come motociclisti tamarri, mangioni e cafoni, fungono in parte da comic
relief ma anche da strumento adatto mostrare scene di combattimento
overpower.
Quindi ok tutto? Tutto chiaro? Bene. Vi starete chiedendo, dunque, questo romanzo di Lucia Vaccarino, pigramente
intitolato solo “Gea”, com’è?
C’erano due volte…(SPOILER!!!)
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Il romanzo Gea costa 15,20 euro su Amazon
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L’opera in questione, un romanzo che si legge
tranquillamente tutto d’un fiato in un paio d’ore, presenta una copertina dell’immenso
Luca Barbieri e ha se non altro il pregio di espandere un poco la lore
di quell’universo pur prestandosi a qualche sbavatura qua e la. La lettura è scorrevole, il ritmo tutto sommato uniforme e lo stile quanto di più semplice e basilare possibile: in un certo senso, ho trovato più completi e complessi nelle descrizioni e nel tenore delle storie i librogame che compravo e giocavo decenni fa.
Il fatto che uno stile sia semplice ed un romanzo venga presentato in modo accessibile, non sono necessariamente un male, anzi: Lo Hobbit è di certo quanto di più basilare si potrebbe immaginare almeno se rapportato alla complessità strutturale e linguistica de Il Signore degli Anelli, eppure è l'equivalente di una favoletta per come viene scritto e la storia narrata: eppure, non si potrebbe sostenere in nessun caso che quella di Tolkien sia tutto tranne che una fiaba semplice, celando invece una profondità sconfinata.
Quindi, sfatiamo che "semplice e fruibile" siano termini che rapportati ad un'opera necessariamente debbano portare all'appiattimento, alla banalizzazione ed alla semplificazione estrema: a costo di essere ripetitivi, semplice e semplicistico sono concetti abbastanza lontani.
Si approfondisce, sebbene non moltissimo, il concetto di
matrilinearità che accomuna Gea alle sue ascendenti fino alla “progenitrice
spirituale”, Inanna e si mostra anche il momento in cui la nostra beniamina
riceve i propri poteri; si incontrano alcune creature, attingendo anche alla
mitologia nipponica e persino delle vecchie conoscenze; si esplora, per
dirla in poche parole, “l’Anno Uno” di Gea, quando ella ha ricevuto la propria
investitura e si è iniziata ad addestrare per il ruolo di Baluardo.
Ammetto che fino ad un certo colpo finale mi chiedevo come mai l’autrice non si
fosse posta il problema annoso, in opere simili, della continuity,
facendo incontrare alla protagonista personaggi e situazioni che nel fumetto
ella avrebbe trovato per la prima volta solo molti anni dopo; successivamente,
per quanto telefonato, ho apprezzato il risvolto narrativo pur continuando a
riscontrare il problema costante di queste opere.
Chi scrive, quasi mai l’autore, ha “tutto davanti agli occhi”, un po' come il lettore appassionato medio di quel personaggio, ma non riesce a tradurre su carta ciò che si è abituati a processare attraverso il linguaggio delle tavole e dei disegni: pur
non volendo essere critico a tutti i costi, si ha sempre la sensazione di
leggere una fanfiction redatta da qualche appassionato che difetta però dei
fondamentali di un romanziere professionista, non inquadrando compiutamente
quasi mai la scena, peccando di scarsa descrizione fisica dei personaggi o estetica dei luoghi
perché, di nuovo, inconsciamente si dà per scontato siano conosciuti e
familiari per il lettore e così anche per lo scrittore; avendo provato io
stesso a scrivere piccoli racconti, mi sono accorto solo a posteriori quanto
essi peccassero di approfondimento e tridimensionalità, perché nella mia mente
era tutto delineato, preciso, compiuto e visualizzato, ma non riuscivo a
cogliere quanto tutto questo dovessi invece tradurlo su carta, e trasformarlo in parole che
descrivessero adeguatamente quelle scene che avevo al contrario ben nitide in
testa.
Il tutto sembra, cercando di essere sintetici, un po' sciatto, abbozzato, raffazzonato e quasi composto di fretta: gli stessi scontri sembrano rispondere alla ABC di un qualsiasi romanzo fantasy basilare, al punto che sulle prime avevo il terrore di trovarmi di fronte ad un'opera di Licia Troisi sotto falso nome.
Che si sia trattato di romanzi di Star Wars o di manga di cui già ho accennato
in apertura, tutte queste opere, i miei stessi raccontini in primis, presentano
lo stesso difetto: una scarsa cura ed attenzione, come se si andasse di fretta,
come se ci fosse una qualche urgenza per descrivere le cose.
Perché? Perchè, ancora, un conto è
leggere i balloon di un fumetto, soffermandosi con gli occhi a mirare la tavola
o la vignetta che affida il resto della descrizione e del pathos al media delle immagini e della
visualizzazione, altro è trasportare tutto quello che già hai “visto”, in delle parole.
Tirando le somme, e con la morte nel cuore, il romanzo GEA è assolutamente nella media: sono lieto di averlo letto, pur non potendomi definire arricchito dall'esperienza, perchè qua e là ho trovato delle piccole gioie e momenti di nostalgia ed un minimo di pathos ed è sempre bello tornare in quel mondo ma il tutto sembra troppo approssimativo e raffazzonato pur non essendo scritto male nè essendo una brutta lettura.
Purtroppo, però, da un personaggio simile mi aspettavo molto di più dell'equivalente letterario della rimpatriata di classe con gli amici di liceo dopo dieci, quindici anni che hai terminato la scuola: attesa, sognata, fantasticata magari sul "chissà sè" gli amici si ricordano di certe cose o sono rimasti gli stessi, e poi il tutto finisce in una serata modesta in una pizzeria fatta di ricordi agrodolci.
Too bad.
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