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martedì 4 marzo 2025

[GDR D&D 3.5] Approfondimento sul Paladino: uno sguardo alla Classe

 

Il Paladino, come scrivevo in un altro articolo - che trovate qui -  è una classe molto particolare di Dungeons & Dragons, gioco a cui per antonomasia appartiene il concetto di un Sacro Guerriero, di un individuo unto dalla propria divinità in grado di fungere da braccio armato della propria chiesa: da essere una classe fondamentalmente acquisibile come “specializzazione”, un po’ come il Druido era una variante ed una specializzazione per il chierico o sacerdote, in un’epoca in cui non si parlava di Classi di Prestigio, essa è divenuta via via sempre più peculiare ed autonoma, fino ad attestarsi sull'attuale versione (ed interpretazione) di Sacro Guerriero.



Si parla quindi di un cavaliere, di un crociato, di un “individuo unto dalla Divinità” che lo elegge a suo rappresentante e campione in un modo diverso da quello di creature chiamate "Elette" che sono, per così dire, persone “arrivate” per nascita o per impegno, ad un dato punto della loro carriera e meritano di diventare ancora più potenti e vicari della volontà del loro dio per poter meglio ancora adempiere ai propri, divini, compiti.
Prima di affrontarne maggiormente gli aspetti interpretativi, dopo che abbiamo già delineato le problematiche insite nell'interpretare un personaggio che debba mantenere l’equilibrio circa la componente della Legge e quella del Bene nel corso del precedente articolo , si può provare a gettare uno sguardo sul bilanciamento stesso di questa classe a livello di meccaniche di gioco.

Va intanto precisato che, come spesso si è detto e si è scritto, il Paladino non è una classe proprio ragionata in tutto e per tutto perchè le sue qualità possono alla fin fine ridursi ad alcuni benefici indiscutibili ma immediati e limitati ai primi livelli, mentre man mano che la classe progredisce egli ottiene ben poco di rilevante, specie confrontando ciò che altre classi ottengono: premesso che, ovviamente, non si poteva creare una classe troppo potente già sulla carta, per quanto l'obbligo di allineamento Legale Buono è già di per sè una limitazione non da poco, nè si poteva fare gli stessi errori concettuali di classi più potenti come il Warlock del Perfetto Arcanista o il Duskblade del Player Handbook II , e anche ammesso che il Paladino abbia in effetti peculiarità interessanti o di un certo peso (dal Bonus di Attacco Base ai Tiri Salvezza, fino ai punti ferita e ad alcuni privilegi di classe), pure la componente divina è poco radicata in un individuo che è comunque un “sacro cavaliere”.


Questo è tanto più vero, quanto più si esamina la componente che dovrebbe essere il giusto miscuglio più rilevante della classe, ossia tanto il Lancio di Incantesimi quanto lScacciare Non-morti: quest’ultimo aspetto viene, in effetti, parecchio sacrificato rispetto a quello di un qualunque chierico di pari livello, dato che il Paladino scaccia come se fosse un chierico di tre livelli in meno. Qualcuno in passato eccepiva che la cosa fosse aggirabile con l'uso di un oggetto magico particolare, ossia il Filatterio dello Scacciare Non Morti, che però comunque è un oggetto che occupa uno slot che potrebbe venire destinato ad altro e che in ogni caso non è certopeculiarità del solo paladino, ma acquistabile da qualsiasi personaggio che abbia la capacità di scacciare non morti.
In buona sostanza non posso dire che il paladino è forte se ha una spada Sacra in mano perchè, bè, non è una possibilità esclusiva di questa classe, ma può venir brandita da qualsiasi generico personaggio di allineamento Buono. 


Da ciò ne consegue che, di solito, i tentativi giornalieri di Scacciare Non-Morti possono per lo meno venire utilizzati con i cosiddetti talenti [Divini] come Potere DivinoScudo Divino e Vendetta Divina (per citarne giusto qualcuno, presentati in questo caso su Perfetto Combattente ma altri se ne possono rintracciare in ulteriori manuali) e che per lo meno accrescono le possibilità della classe, ampliandone il potere e la “marzialità” o dando se non altro una discreta varietà di capacità con cui affrontare i pericoli: Potere Divino in particolare, il talento di cui si accennava più in alto, garantisce un Bonus ai danni, per un round completo, pari al bonus di Carisma.


Ma queste possibilità, pure, sono intanto offerte da manuali opzionali, che non è detto il DM sia propenso ad utilizzare, specie se è uno di quei Master che teme profondamente il confronto con i propri giocatori e che conosca come massima finezza ruolistica Palla di Fuoco, trappole di Palla di Fuoco e magari qualcosa di potente come Marchio di Fuoco o Parola Sacrilega. Secondo, quand'anche queste opzioni vengano concesse, si ricorda devono venire acquisiti tramite Talenti, che non è esattamente che piovano sul capo del Paladino come accade invece per la classe del Guerriero; da ultimo, questi accorgimenti servono solo a nascondere una certa qual debolezza della Classe, o almeno la sua minor efficacia rispetto ad altre: difatti, se ci si dovesse limitare al mero Manuale del Giocatore, vediamo bene quanto il Paladino ne perda in risorse, opzioni, capacità e come, tra le altre cose, il suo colpo migliore, il fantomatico “Punire il Male”, la reale risorsa marziale del Paladino, sia in realtà utilizzabile solo poche volte al giorno (col massimo di 5 volte al 20° livello) e solo in mischia: mi si potrà obbiettare che aggiungere +20 ai danni (al 20° livello, appunto) non è da buttare via , ma contando che si potrebbe sacrificarne anche tre-quattro a round in caso di attacco completo, vuol dire che si deve “scaricare tutto il proprio potere” sull'avversario finale e sperare di 1) andare a segno 2) non tirare un 1 naturale altrimenti il tentativo è comunque sprecato e da ultimo augurarsi che gli avversari al 20° livello siano di carta, per subìre effettivi danni da questa risorsa.

Lo stesso casting, ossia il lancio di incantesimi, è poco curato, sempre a mio modesto giudizio: per quanto si possa comprendere e sia anzi tutto sommato giustificabile a livello di roleplay che un Ranger, il quale ha un approccio più “istintivo” con la Natura (e le eventuali divinità da cui riceve i poteri) abbia un Livello di Incantatore dimezzato, bilanciato però dai numerosi privilegi e bonus per poter fare la differenza in un ambiente naturale, oltre ad un più alto e diversificato numero di abilità selezionabili che, ricordiamolo, possono fare la differenza durante tutte le sessioni, non altrettanto logico appare che lo stesso valga per il Paladino, che sempre essendo un guerriero sacro avrebbe dovuto ricevere per lo meno un L.I. pari al proprio livello di classe e la possibilità di accedere a qualche altro incantesimo un po’ più forte ed efficace (o che durasse un poco di più) rispetto a quelli di cui è o sarà dotato. Non ultimo, avere qualche punto abilità extra, anche solo 3+ Bonus di Intelligenza, in un raro caso in cui 2 sono pochi e 4 sono troppi - eppure il Ranger ne ha ben 6 a livello, anche se bilanciato da un Dado Vita più ridotto.


È necessario contestualizzare questa mia affermazione: in un round, chi combatte, combatte, chi lancia un incantesimo invece lancia un incantesimo; bella forza, direte voi. Il punto focale della affermazione apparentemente scontata che è stata formulata, sta nell'effetto:  chi combatte in quel round agisce, si scaglia sull'avversario, lo ferisce, difficilmente si prepara perché non è in risorse di terzi che confida per fare danni o perché ci sarà un incantatore (mago, chierico, bardo) che lo potenzierà con un incantesimo; chi lancia un incantesimo, troverà nell'incantesimo stesso e negli effetti che ne derivano la sua azione: che siano strategici, o di potenziamento per il gruppo o di danneggiamento degli avversari, anche qui l’effetto sarà “nel corso del round”, per così dire; per il paladino no, perché buona parte dei suoi incantesimi, a prescindere dalla durata più contenuta (ricordiamo che un LI dimezzato si riflette anche sulla durata di incantesimi, diversi dei quali la vedono misurata in round) sono di potenziamento. In sostanza, il Paladino tante volte si trova costretto a compiere una scelta, ossia O potenziarsi O attaccare: e per quanto anche lui potrà trarre beneficio dagli incantesimi degli altri personaggi in gioco, comunque alla lunga i suoi incantesimi divengono solo una aggiunta, un qualcosa in più che però è  tutt'altro che risolutiva e sulla quale il Paladino difficilmente possa fare affidamento.

Si precisa ancora, non si cerca una classe perfetta o sbilanciata ma, essendo il Paladino comunque concepita come una classe marziale, è l’aspetto del combattente che si esamina: paradossalmente, persino il Monaco alla lunga riesce a procurare più danni di un Paladino di pari livello che non ha, nemmeno, qualche privilegio “coerente” col suo ruolo di sacro guerriero quale, ad esempio, considerare tutte le armi brandite di allineamento Buono e/o Legale, o le ferite inflitte alle creature malvagie più difficili da curare da parte loro o incanalare gli effetti di Punire il Male attraverso i propri incantesimi contro i malvagi.



Sono solo esempi: per fortuna, il Manuale delle Imprese Eroiche e il suo corrispettivo ed ampliamento in Forgotten RealmsChampions of Valor, garantiscono molteplici possibilità a chi vuole giocare un personaggio (particolarmente) buono o un Paladino più efficace nello specifico: tra tutti gli esempi, Punire il Male a Distanza è un talento che sdogana il binomio del crociato “armatura pesante e spada a due mani” a favore di un personaggio con un’alta agilità, forza e carisma, equipaggiato in modo leggero e dotato della possibilità di infliggere con le proprie frecce i danni del Punire.
Al contempo, lo stesso Manuale del Dungeon Master, prevedendo la possibilità di Cavalcature Speciali più potenti di quelle che sono indicate dal Manuale del Giocatore, tra le quali l’unicorno (consigliabile a paladini di sesso femminile), il grifone e l’ippogrifo, risolleva sia pure in parte le possibilità offerte dalla classe.

Con queste premesse, va da sé che la classe del Paladino la si seleziona non tanto per la sua potenza, per le molteplici risorse od accesso a talenti particolari, quanto per gli spunti di gioco che può offrire, per il roleplay che invita e richiede e per l’impegno che comporta giocare la classe degnamente incontrando le limitazioni date dall'allineamento e dal codice di condotta.

-Leo "Lordgirsa" d’Amato-


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lunedì 3 marzo 2025

[GDR D&D 3.5] Approfondimento sul Paladino: il Bene e la Legge ed il loro bilanciamento.

 Un cavaliere è votato al coraggio, il suo cuore conosce solo la virtù, la sua spada difende gli inermi, la sua forza sostiene i deboli, la sue parole dicono solo la verità, la sua ira abbatte i malvagi. [Sir Bowen - Dragon Heart]




Est Sularus Oth Mithas: Il mio onore è la mia Vita [Sturm Brightblade - Ciclo di Dragonlance]


La morte di Sturm Brightblade (fonte)


Una delle classi che più amo, e che più spesso vedo mal sfruttata, fraintesa se non proprio  male interpretata, è proprio il Paladino: e per questo, si è presentato spesso il problema di come giocare correttamente il Paladino, sempre in bilico tra Bene da una parte e Legge dall’altra.

Paladino, Crociato, il Braccio armato della propria Chiesa, l'Errante che porta giustizia: chiamatelo come volete, avrete sempre un personaggio Legale Buono che nell'immaginario collettivo è equipaggiato con pesante corazza, arma pesante, ideali pesantissimi: un Don Chisciotte, ma meno sciroccato oppure un Orlando non ancora Furioso

Esordiamo dicendo che il Paladino, così come il Bardo, è una di quelle classi di D&D che più si presta all’interpretazione e a molteplici spunti di roleplay (oltre che di gioco da parte del DM che deve dare occasioni per mettere alla prova i giocatori che le interpretano), al di là di ogni preferenza personale: sono classi che richiedono uno sforzo notevole da parte dei giocatori per venire giocate degnamente, non potendosi limitare al mero uso dei dadi nell'impiego delle loro abilità, dei privilegi di classe e quant'altro, ed in genere richiedono anche delle ottime doti dialettiche da parte dei giocatori che raramente useranno una di queste classi senza svilupparne anche la Diplomazia (e nel caso del Bardo anche l’Intrattenere ed il Raggirare).

È pur vero che il Paladino in D&D 3.5 sovente finisce per essere selezionato quale classe da giocare solo per poter poter realizzare una serie di combinazioni che permettano di avvalersi di Privilegi, di Talenti, di Classi di Prestigio, mentre solo in parte viene scelta per la forza marziale espressa; assai meno, purtroppo, il Paladino viene scelto per gli spunti di roleplay che può offrire, dato che essi, al contrario, possono venire percepiti come un elemento di ostacolo od una zavorra per un gioco di ruolo che sia meno ragionato e più sbarazzino: avere difatti in un gruppo un personaggio che non può mentire e deve comportarsi sempre e comunque rettamente, anche quando “il fine giustifica i mezzi”, è una bella seccatura già per i membri del party, figurarsi per colui che lo interpreta che potrebbe talvolta (almeno) pentirsi della sua scelta o comunque sentirne il peso.
Intendiamoci, se si gioca un personaggio lo si fa perché esso piace, perchè con esso ci si diverte e perché coincide col proprio gusto: “dove c’è gusto, non c’è perdenza”, si dice dalle mie parti, e quindi, se ci si diverte a giocare un paladino (come il sottoscritto), non c’è da discuterne.



 Semplicemente, si mette in evidenza come la scelta di interpretare questa classe sia forse quella più spesso messa in discussione da quel giocatore che non aveva esattamente le idee chiare su ciò che doveva giocare e sul come giocare: non ultimo problema, giova ricordare anche che si tratta di una classe che, tra l’altro, nel caso in cui si infrangano i limiti imposti dal codice di condotta e dallo stesso allineamento Legale Buono, da una parte comporta pesanti ripercussioni sul gioco effettivo a livello di meccaniche (tra cui perdita dei poteri e dei privilegi di classe) e, dall’altro, non consente deviazioni, “scivolando” in altre classi (per quanto diverse ambientazioni e taluni talenti consentano di ignorare o superare questa limitazione come, ad esempio, rispettivamente, Grayhawk e Forgotten Realms da una parte, e Intrattenitore DevotoCavaliere AsceticoInquisitore Devoto e così via, dall’altro).


Diverse visioni, diversa rigidità, ma stesso principio: il Bene.


Non vanno nemmeno sottovalutati, come da immagine e commento di cui sopra, i possibili conflitti con altri personaggi Buoni del gruppo, un Legale Buono contro un Caotico o un Neutrale Buono per esempio, fino ad un altro Legale, i quali potrebbero tuttavia avere un’idea del tutto diversa di ciò che sia corretto o “giusto” fare in una data occasione: oltre all'esempio de “il fine giustifica i mezzi”, che comunque può prestarsi a facili eccessi da Legale Neutrale o personaggio Caotico, non mancano espressamente casi “di scuola”, come mentire anche solo blandamente per una giusta causa, rispettare dei governanti ingiusti finché non ci siano espresse prove che legittimino un intervento diretto, o finché permanga un divieto da parte dell’autorità a cui risponde il Paladino, vendicarsi o abbandonarsi per una sola volta al desiderio di distruggere il male senza preoccuparsi di possibili conseguenze o della redenzione di un avversario corrotto (con la “c” minuscola, così da non creare confusione con la Corruzione introdotta dall'ottimo manuale  Eroi dell’Orrore) e così via.
Detto ciò, concentriamoci sul Paladino a livello di roleplay, visto che ideare una build (ossia una “costruzione a tavolino” del possibile sviluppo del proprio personaggio per talenti, abilità, Classi di Prestigio) è un conto, ma giocare coerentemente il proprio personaggio è tutt'altra faccenda.

Un Paladino deve essere tanto Legale quanto Buono, si diceva: il rispetto della Legge è tanto importante quanto lo è servire il Bene, nella veste di una Divinità e/o del principio stesso morale della rettitudine, e questi due aspetti possono coesistere – di solito – oppure contrastarsi l’un l’altro – e ciò più spesso di quanto si creda.
Facciamo un esempio pratico: un Paladino ferma un malfattore che ha commesso un furto e ne impedisce la fuga in una città nella quale il rubare viene punito col taglio della mano; tuttavia, indagando sulle motivazioni dell’uomo, che magari non è nemmeno malvagio ad una eventuale Individuazione del Male, si scopre che egli è il classico padre di famiglia, disperato ed oppresso dalla povertà, che ha voluto cercare di procurarsi una ricchezza da destinare al benessere dei figli che vivono negli stenti.




Cosa dovrà fare, dunque, il nostro Paladino?

Li per li, sarebbe facile far pendere il piatto della bilancia verso il Bene (nell'esempio di cui sopra, liberare il reo sotto promessa, magari, di non reiterare più il crimine) o verso la Legge (arrestarlo pur con un peso sul cuore, perché “la legge deve venir applicata” ma impegnandosi perché abbia una mite pena), in ambedue i casi offrendosi di dare una mano alla famiglia del ladro, che sia economico oppure morale: bilanciare queste due cose è tutt'altro che agevole, perché può darsi che molto dipenda dai trascorsi del personaggio, che da background potrebbe essere incline a provare molta compassione o al contrario essere particolarmente rigido verso questi crimini, oppure potrebbe venir influenzato dai dogmi della divinità che serve (di certo un seguace del dio Tyr del pantheon di Forgotten Realms è assai più legato alla forma ed alle norme della Legge di quanto potrebbe esserlo un Paladino di Lathander, appartenente allo stesso pantheon), o potrebbe essere costretto a comportarsi con maggior rigore del solito in base alle leggi della città in cui in quel momento si sta aggirando. Ma c’è una scelta giusta? Di solito, sì, ma questo lo vedremo prossimamente.


Facciamo un altro esempio, maggiormente significativo:  il nostro paladino incontra un orco (“spesso caotico malvagio”, recita il Manuale dei Mostri)  oppure un'altra creatura umanoide definita, da manuale, “generalmente malvagia”: il Paladino è legittimato ad attaccare questa creatura a vista, per il solo fatto che abbia incontrato una creatura che sia espressamente malvagia o che lo sia molto spesso?

Può essere giustificabile l’attaccare qualcuno, anche se effettivamente malvagio, pur se non ha ancora compiuto alcun crimine?
E cosa accadrebbe se la creatura, l’orco in questione, non fosse malvagia a differenza di quanto accade per i suoi simili ed il Paladino desse per scontato che lo fosse perché “è solo un orco, in fondo, e se non ha ancora ucciso qualcuno, un giorno lo farà?” e lo uccidesse?



E, dato che stiamo spingendo sulla interpretazione, proviamo a spingerci ancora oltre: se il Paladino sgominasse assieme ai propri compagni una banda di elfi oscuri, ed accertasse la presenza di bambini drow, non ancora indottrinati all'odio ed alla supremazia razziale che è loro propria, cosa dovrebbe fare di costoro?
Le soluzioni potrebbero essere diverse o sono obbligate, dunque?
Ucciderli perché già malvagi o di certo destinati alla corruzione?
Redimerli?
Lasciarli liberi anche se, così facendo, essi potrebbero uccidere degli innocenti , il cui sangue ricadrebbe sulle mani del Paladino che non li ha fermati quando poteva?

Come si vede, la vita del Paladino è costellata da numerose occasioni nei quali i dilemmi morali non solo su ciò che sia il Bene, ma sul come perseguirlo senza violare la Legge si presentano con una certa facilità, così come le occasioni di “caduta”, cedendo alle umane emozioni o diventando al contrario via via più rigido nell’applicazione dei suoi dogmi, dei princìpi della sua fede, delle regole o degli ordini impostigli dalla divinità o dall’Ordine cui appartiene.
E non si trascuri nemmeno il rischio che il Paladino corre quando, perseguendo il Bene, ne viene al contrario sul breve o lungo periodo, del Male: rispetto all'esempio precedente, il Paladino ha magari redento un orco o un elfo oscuro ma la tribù od il casato a cui appartenevano questi reietti prendono la cosa sul personale e si danno ad atti di violenza e razzia, più violentemente del solito: anche questo ricadrebbe sulle mani del nostro Crociato?


Va detta comunque una cosa, in maniera assai semplicistica, forse, ma profondamente vera: in D&D, come già ho esposto nei miei video approfondimenti su YouTube e ho scritto diffusamente in rete, il bianco è bianco, il nero è nero, ossia il Bene ed il Male sono abbastanza netti e definiti anche senza dover introdurre le regole di Libro delle Imprese Eroiche (Book of Exalted Deeds) e Libro delle Fosche Tenebre (Book of Vile Darkness), che chiarificano, pur estremizzando molto, ciò che è “bene” e ciò che è “male”.

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Per esempio, azioni come mentire, rubare, tradire, uccidere sono e restano atti se non altro “non buoni”, che vanno sì, contestualizzati, ma comunque restano legati al risultato, non alla motivazione: e se nessun DM potrebbe mai penalizzare o riprendere un Paladino che uccida un personaggio Malvagio, pure potrebbe avere qualcosa da ridire sulla sua condotta e sulla sua interpretazione laddove questa uccisione sia stata troppo lineare, priva di dubbi o di dilemmi da parte del personaggio in questione: poteva essere sconfitto senza venir ucciso? Poteva essere addirittura redento così da vivere una vita di espiazione delle proprie colpe?

La risposta è “dipende”: dipende da quale sia il livello di roleplay a cui ci si vuole spingere, quanto ci si vuole impegnare nel creare domande su domande di ordine morale, quanto si desideri stratificare e spaccare ogni azione vagliandola nelle sue molteplici sfaccettature: solitamente, queste cose vengono decise a monte, nel senso che se un personaggio vuole giocare un certo “cammino”, e provare a redimere i malvagi, non lo farà saltuariamente, ma l’avrà tentato di fare fin dall'inizio o , al massimo, sarà giunto a questa epifania, che è meglio redimere che uccidere, dopo molto roleplay; di certo non potrebbe essere propenso a salvare e tentare di riportare sulla strada del Bene un avversario solo quando capita o quando è “facile”.

In linea di massima, tuttavia, in pochi si spingono lungo queste chine pericolose, pericolose perché minano alla base (potenzialmente, per lo meno) il principio cardine del gdr che è giocare senza farsi troppi “trip mentali”: quindi, un giocatore che interpreta un Paladino che intende uccidere i malvagi e solo saltuariamente può provare, perché l’azione è contestualizzata, a salvarne/redimerne qualcuno è da apprezzare tanto quanto colui che, per propria scelta, cerca attivamente la redenzione di ogni malvagio, rifugge l’uccisione -magari usando un’arma Pietosa, che infligge danni non letali – e si impegna per un cammino che sfoci nell'Eroismo, concetto introdotto in Libro delle Imprese Eroiche e ripreso in Champions of Valor: magari, per correttezza ed onestà intellettuale,quest’ultimo dovrà ricevere un premio maggiore perché mantenersi su questi standard di gioco non è facile e non lo sarà soprattutto nel lungo periodo e si richiede uno sforzo interpretativo notevole, senza trascurare il disagio che si può portare al tavolo da gioco nel momento in cui i propri compagni giocano in un modo più semplice e diretto oppure interpretano personaggi che vanno più per le spicce.


Lordgirsa



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